La Polizia di Stato ha dato esecuzione all’ordinanza applicativa di misure cautelari personali custodiali,
emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania, a carico di
16 pregiudicati. Perché, insieme ad altri soggetti ancora da identificare, facevano parte del
clan Puntina-Pillera, facente capo allo storico leader, attualmente detenuto, Salvatore Pillera, meglio noto con l’appellativo di Turi cachiti, promossa e diretta da Giacomo Maurizio Ieni e Fabrizio Pappalardo.
«Un’associazione criminale – scrive la procura – che si avvale della forza intimidatrice del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà da esso derivante per commettere delitti di ogni genere, in particolare estorsioni, furti, ricettazioni, usura, nonché per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque, il controllo di attività economiche». Per tutti gli indagati sussiste l’aggravante di fare parte di una associazione composta da più di dieci persone e della disponibilità di armi. Per Ieni e Giacomo Spalletta, invece, l’aggravante consiste nell’avere commesso il fatto durante il periodo di sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. L’aggravante della recidiva reiterata è stata contestata a Carmelo Faro, Angelo Magni e Giovanni Recupero.
Tommaso Russo e Giacomo Spalletta (quest’ultimo mentre era sottoposto a sorveglianza speciale) in concorso tra loro, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, fino a dicembre 2015 avrebbero minacciato e aggredito fisicamente Paolo Barravecchio per costringerlo a consegnare la somma di 9300 euro. Il tentativo, però, non sarebbe andato in porto perché Barravecchio ha denunciato il fatto alla polizia.
Gaetano Annatelli, Carmelo, Giovanni e Massimo Faro, Fabrizio Pappalardo, Giacinto Sicali e Giovanni Recupero, da esponenti del clan Pillera-Puntina, con violenza e minaccia, avrebbero preteso dal titolare del panificio Voglia di Pane di via Orto dei Limoni di proprietà di Umberto Campolo il pagamento immediato della liquidazione spettante a sua figlia Valentina. Per raggiungere l’obiettivo uno dei Faro avrebbe picchiato il titolare e proferito espressioni minacciose dicendogli che, in caso contrario, avrebbe dato fuoco all’esercizio. Successivamente gli altri indagati hanno fatto ingresso all’interno del panificio per procedere alla distruzione e devastazione del locale e delle attrezzature, colpendo con dei caschi anche due impiegati, poi costretti dai sodali a chiudersi in bagno.
Massimo e Giovanni Faro, Fabrizio Pappalardo, Fausto Russo e Giacomo Spalletta, dopo essersi presentati a bordo di
sei ciclomotori al panificio di
via Fiorita di proprietà di Agostino Campolo e Aurora Privitera, li avrebbero minacciati. «Se non mi dici
dov’è tuo marito
scippamu a testa a te e ai bambini» e «se non dici la verità ammazzo a te e la tua famiglia. Domani il panificio deve restare chiuso». Sarebbero queste le frasi pronunciate dai sodali nel tentativo di estorcere del denaro.
Giovanni Faro e Fausto Russo al fine di trarre un profitto avrebbero – in concorso fra loro e insieme a Cataldo Aldo Battiato, nei cui confronti si è proceduto separatamente -, ricevuto, custodito e ceduto a Battiato, uno scooter Piaggio Liberty, rubato a luglio del 2015 ai danni di Ida Rosaria Salatino. Anche in questo caso sussiste l’aggravante dell’agevolazione ad associazione mafiosa. Inoltre, gli stessi, insieme ad Antonino Cosentino e Pietro Molino, con minacce implicite, consistite nel prospettare a un’altra vittima la definitiva perdita del mezzo sottrattogli nel caso in cui si fosse rifiutato di pagare loro una somma di denaro, lo costringevano a versare 300 euro, al fine di ottenere la restituzione del motorino Honda SH300.
Carmelo Faro e Fabrizio Pappalardo, agendo in qualità di appartenenti all’associazione mafiosa Pillera-Puntina, in concorso e riunione con Pappalardo Roberto – nei confronti del quale si è proceduto separatamente – e con Antonino Battiato, Marco Brischetto e Salvatore Messina avrebbero costretto Giuseppe Quaranta, comproprietario della Pasticceria Quaranta, in piazza Mancini Battaglia, a versare a Pasqua e a Natale, una somma pari a 2500 euro (per complessivi 5mila euro) nonché, in occasione del Natale 2014, a consegnare cinque ceste natalizie contenenti prodotti del noto bar etneo (ciascuna delle quali del valore di 180 euro), altre sette ceste natalizie, pari a 900 euro e, infine, a praticare sconti sui prodotti dolciari acquistati, per ottenere la “protezione” dell’attività imprenditoriale.
Carmelo Faro, inoltre, si sarebbe fatto dare interessi usurari da Davide Giovanni Greco, amministratore della ditta Hold Service srls che opera nel settore dell’impiantistica, come corrispettivo della prestazione di somme di denaro. In particolare, dopo un primo prestito di una somma che si aggira tra i 4 e i 5mila euro, per il quale veniva pattuita la consegna a cadenza mensile di interessi pari al 10 per cento della somma erogata, corrisposti da Greco per circa tre mesi, fino all’effettiva restituzione del capitale ricevuto in prestito. Nel 2016, a fronte di un ulteriore prestito di 7mila euro, richiesto da Greco, si faceva dare da quest’ultimo la somma mensile a titolo di interessi pari a 700 euro, nei mesi di febbraio, marzo e aprile 2016, sino a quando nel mese di maggio 2016 la persona offesa sarebbe stata costretta a consegnare nove assegni dell’importo di mille euro ciascuno, ai quali seguiva un ultimo assegno dell’importo di mille euro nel mese di febbraio 2017.
Gli arrestati:
1.
Giacomo Maurizio Ieni, detto Nuccio u mattuffu (classe 1957);
2.
Fabrizio Pappalardo (classe 1967);
3.
Nicola Cristian Sebastiano Bonfiglio (classe 1985);
4. Carmelo Faro, detto Pallittuni o Caramella (classe 1970);
5.
Angelo Magni (classe 1964);
6.
Francesco Nicolosi, detto u tenenti (classe 1970);
7.
Roberto Pappalardo (classe 1971);
8. Vittorio Puglisi (classe 1960);
9.
David Massimo Puleo (classe 1972);
10.
Giovanni Recupero, detto Cicina (classe 1971);
11.
Tommaso Orazio Maria Russo (classe 1957);
12.
Fausto Russo, detto fimminedda (classe 1989);
13.
Giuseppe Saitta, detto bimbo (classe 1968);
14.
Giacinto Sicali, detto u pisciaru (classe 1965);
15.
Giacomo Pietro Spalletta (classe 1961);
16. Carmelo Podestà (classe 1986).
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