Nel mirino della Dia alcuni immobili per un valore di un milione di euro. Tutti riconducibili al 72enne, padre del defunto boss emergente Gaetano Fichera. Ucciso il 26 agosto 2008 in via Cairoli, a Catania. Fatto che avrebbe portato l'anziano a commettere un delitto in provincia di Siracusa un anno dopo
Confisca dei beni a Fichera, ritenuto vicino ai Cappello Dall’omicidio del figlio alla vendetta ad Agnone Bagni
Settantadue anni suonati e la presunta vicinanza alla cosca Cappello-Bonaccorsi. Dietro il nome di Antonino Fichera c’è una lunga storia di mafia e vendette. A cui adesso si aggiunge la confisca di un patrimonio da un milione di euro. I sigilli sono stati messi ad alcuni immobili dagli agenti della Direzione distrettuale antimafia di Catania, che in queste ore ha dato esecuzione del decreto nei confronti di Fichera, su disposizione del tribunale etneo. Passaggio che arriva dopo il precedente sequestro risalente a maggio 2016. L’uomo sulle spalle ha una condanna in primo grado per l’omicidio di Mario Mauceri, avvenuto il 13 settembre 2009 nella località marittima di Agnone Bagni, vicino Lentini, in provincia di Siracusa
Un delitto che secondo la ricostruzione dei magistrati celerebbe la vendetta per l’uccisione del figlio Gaetano. Ammazzato il 26 agosto 2008 in via Cairoli, a Catania. Fatti che riportano a un periodo caratterizzato da una lunga faida tra le cosche. Perché tre mesi dopo a morire a piazza Risorgimento è Giacomo Spalletta, ritenuto uno dei killer di Fichera.
Quest’ulimo, boss emergente affiliato al clan Sciuto-Tigna, avrebbe pagato la sua eccessiva intraprendenza. Tanto da riuscire ad allargare i propri affari anche con il clan rivale dei Cappello-Bonaccorsi. Un’autonomia sempre maggiore che però non sarebbe stata gradita all’interno della cosca, tanto da spingere l’anziano padrino Biagio Sciuto a ordinarne l’omicidio. A questo punto entra in gioco la figura di Mauceri. Ex santapaoliano che nel 2009 già allarga le fila degli Sciuto-Tigna. Colpevole di avere attirato Fichera junior all’appuntamento in cui poi sarebbe stato ucciso.
In questa storia di mafia la ricostruzione dei fatti passa per il cimitero di Catania. La lapide di Fichera in quel periodo diventa una miniera di informazioni per le forze dell’ordine. Il 14 novembre 2008, quando sono passati appena quaranta minuti dall’uccisione di Spalletta in piazza Risorgimento, la vedova di Fichera riceve la visita di Sebastiano Lo Giudice. Ex reggente dei Cappello oggi condannato all’ergastolo. «Se ne è andato?», gli chiedeva Agata Aurichella. La risposta arriva all’orecchio, la voce non viene captata. Ma quando il suo interlocutore si allontana c’è lo sfogo sulla tomba del marito: «Adesso c’è chi ti fa compagnia». La vendetta però non si è ancora consumata del tutto.
Si arriva così alle 23.15 del 13 settembre 2009. Mario Mauceri si trova a bordo della sua Lancia Y in compagnia di una donna ad Agnone Bagni. Un commando lo raggiunge e gli spara contro diversi colpi di pistola. Lui muore con una pallottola conficcata in fronte, lei, invece, si salva. Forse grazie all’uomo che gli fa da scudo con il corpo. L’omicidio nel 2013, quattro anni dopo, fa scattare l’arresto di Antonino Fichera e Roberto Campisi. Secondo la procura sarebbero stati loro a vendicare il figlio del 72enne. Dieci giorni prima l’anziano diceva, senza sapere di essere intercettato, al reggente dei Cappello Gaetano D’Aquino: «Mi staiu fannu a chiddu».