Perlopiù diplomati ma anche laureati e numerose donne: ad accomunarli è la speranza di superare la selezione lanciata da Confartigianato Palermo che cerca di riportare in auge l'antico mestiere in città. Sono iniziati ufficialmente oggi pomeriggio, infatti, i colloqui suddivisi in due tranche
Confartigianato, 75 per 15 posti da lustrascarpe I racconti dei candidati. «Sbalorditi dal boom»
Quasi tutti diplomati, molti a un passo dall’agognata laurea, pochissimi con la sola licenza media e persino tre dottori: in Scienze politiche, in Pittura e in Economia e finanza. A unirli è la speranza di superare il concorso per la selezione di 15 lustrascarpe che Confartigianato Palermo cerca per riportare in auge l’antico mestiere nella città. Sono iniziate ufficialmente oggi pomeriggio, infatti, i colloqui nella sede palermitana dell’associazione che rappresenta le piccole e medie imprese: nei locali in via Laurana, si è presentato il primo gruppo di 28 candidati che verranno ascoltati tra oggi e domani, mentre la seconda tranche è attesa l’uno e il due febbraio, per un totale di 75 aspiranti. Con un’età media di circa 40 anni – il più giovane ha appena 21 anni, il più grande 61 – tra loro ci sono ben undici donne, e provengono da tutte le province della Sicilia, ognuno di loro con una storia e un percorso di vita differente, ma tutti accomunati dal desiderio di trovare un lavoro in una regione dove le occasioni, non solo a causa della crisi, sono assai scarse.
Come nel caso di Francesco Alaimo, 26enne palermitano laureando in Economia e finanza: «In un panorama così carente da un punto di vista lavorativo, ci si aggrappa a qualsiasi occasione. Mi mancano solo 5 esami per laurearmi, poi valuterò. Malgrado ci sia un progetto, non sappiamo ancora come risponderà la città all’iniziativa. Poi valuterò se dare priorità al mio corso di studi o proseguire». C’è chi, invece, una scelta l’ha già fatta, come Cetti Zummo, 26enne, anche lei palermitana, diplomata al liceo classico: «Da due anni ho lasciato il Dams – spiega – mi mancavano solo 7 materie, ma divisa tra lo studio e il lavoro, alla fine ho scelto quest’ultimo, dapprima dando una mano nella pizzeria di famiglia ora, invece, la mattina impegnata in un’associazione che si occupa di bambini e nel pomeriggio faccio la babysitter. Quando ho letto questo annuncio non ho avuto nessun dubbio e penso sia un lavoro dignitoso. La fatica non mi spaventa, non penso ci siano mestieri da maschi: noi possiamo fare qualsiasi professione, anzi forse è l’uomo che si priva, mentre noi no».
Tra i giovanissimi spicca la 21enne Maria Elisabetta Oddo, di Palermo, diplomata al liceo linguistico, ma che fino a 14 anni ha vissuto a Trento dove si trovano alcuni parenti: «Al momento sono disoccupata – racconta -, ma era un’occasione che non potevo lasciarmi sfuggire». Impietoso il raffronto tra la Sicilia e il Nord: «L’esperienza che ho fatto qui è molto deludente, è praticamente impossibile trovare un impiego. Ogni estate parto per il Trentino e tra Firenze e Milano trovo sempre qualche occasione stagionale nei ristoranti, lì è più facile e ci sono più occasioni per i giovani». Ma non ci sono solo giovani in fila per diventare lustrascarpe, tanti anche gli over-quaranta come Sebastiano Alicata, 45 anni, geometra, da due anni disoccupato, sposato e con due figli di 16 e 18 anni da mantenere.
«Ho lavorato per anni come impiegato amministrativo – spiega – e da circa un anno e mezzo sono in cerca di una nuova occupazione. A spingermi in parte è stata la voglia di mettermi di nuovo in gioco, dopo 20 anni trascorsi dietro una scrivania. Ma ad attrarmi è stato soprattutto il fascino legato a un mestiere così antico. Ricordo ancora che accompagnavo mio nonno dal lustrascarpe in piazza Giulio Cesare, angolo via Maqueda, e della passione che questo signore metteva nel suo lavoro. Ho sempre amato i lavori artigianali e da mio nonno ho ereditato la passione per la manutenzione degli strumenti a fiato. Sarà una occasione unica per far capire a palermitani e ai turisti che a Palermo non esistono soltanto il percorso arabo–normanno, ma anche altre attività del passato che ancora oggi possono dare lustro alla città».
Ma tra le decine di aspiranti, in fila c’è anche chi l’odore del cuoio l’ha sempre respirato e tra le scarpe si può dire ci sia nato. «Praticamente sono figlia d’arte – racconta Provvidenza Lo Giudice, 48 anni che per 30 anni ha lavorato in una fabbrica di scarpe – mio padre e mio fratello sono stati calzolai, e quando avevo tre anni mia sorella mi portava con sé nella fabbrica di scarpe di proprietà dello zio del suo fidanzato. Come le mie sorelle, ho iniziato prestissimo a lavorare in una fabbrica di calzature nel reparto definizione e lucidatura. Quando ho letto l’annuncio ho pensato ‘questo è il mio lavoro e qui mi sentirò a casa’”. Al momento Provvidenza vive con la madre, e il suo più grande desiderio e di avere nuovamente un’occupazione, anche a costo di sacrifici: «Non mi spaventa l’idea di lavorare in strada, non mi darebbe alcun fastidio – sottolinea – anche perché è la mia professione, mi verrebbe facile e lo farei con dignità».
Qualche timore, invece, non nasconde Rosanna Consoli, 41 anni, diplomata in ragioneria, sposata e con una figlia ventenne. «Prima impiegata come contabile in uno studio tributario – racconta – sono disoccupata da circa 6 mesi. Una scelta coraggiosa? Ho visto sia a Napoli che a Roma altre donne fare lo stesso mestiere e riproporla qui mi è sembrata una buona idea, anche se riconosco che mai mi sarei immaginata 20 anni fa di partecipare a un colloquio per un posto di lustrascarpe. Certo sarà difficile lavorare in città, non penso che ci sia tutta questa richiesta. Solo mia figlia mi ha criticato – ammette – dicendomi ‘ti metti a lucidare scarpe?’, ma credo solo per un preconcetto per le cose pratiche: non esistono lavori umili, è sufficiente che siano fatti con passione e professionalità».
Per il presidente di Confartigianato Nunzio Reina l’iniziativa che riguarda la realizzazione di 15 postazioni per lustrascarpe «permetterà di far rivivere questo antico mestiere ormai dimenticato. Siamo positivamente sbalorditi dal numero di candidature arrivate perché ciò vuol dire che le antiche tradizioni possono rivivere sia grazie ai giovani sia grazie a coloro che hanno già lavorato nel settore e possono rimettersi in gioco».