Concorsi truccati, vincitore valutò i suoi contendenti A Scienze politiche rimborsi per convegno fantasma

Dopo il terremoto giudiziario che ha sconvolto l’università di Catania, dell’ateneo sembrano rimanere soltanto le macerie. Altri dettagli emergono dalle carte dell’inchiesta in cui compaiono 66 indagati, provenienti anche da altre città d’Italia. Concorsi ritenuti truccati e retroscena vengono ricostruiti nel dettaglio in centinaia di pagine. A essere «particolarmente implicato», usando le parole di ieri del procuratore capo Carmelo Zuccaro, è l’ex direttore del dipartimento di Scienze politiche Uccio Barone. Originario di Modica e una vita interamente dedicata alla Storia. Ma secondo la procura di Catania anche capace di condizionare l’assegnazione di due cattedre. Una riservata al figlio Antonio, anche lui indagato e nominato docente di Diritto amministrativo al dipartimento di Economia, e l’altra a Sebastiano Angelo Granata, ricercatore a tempo determinato in Storia contemporanea. 

I lavori per Barone junior sarebbero cominciati durante il mandato dell’ex rettore Giacomo Pignataro. Il magnifico – finito indagato, dopo avere individuato la destinazione del figlio di Barone e di altre due persone – avrebbe diramato una nota interna a tutti i dipartimenti per sondare l’eventuale disponibilità a inserire in organico nuovi professori. Una mossa «fittizia», secondo gli inquirenti. Perché Pignataro subito dopo avrebbe contattato i vari direttori per intimargli di «non avanzare alcuna richiesta». Ogni casella doveva essere riempita con i nomi già stabiliti, secondo l’accusa. Subito dopo, come «concorrente», sarebbe entrato in gioco il nuovo rettore Francesco Basile. Accusato di avere chiuso la procedura per la pubblicazione del bando convocando il Consiglio d’amministrazione. Barone padre avrebbe svolto il ruolo di istigatore «inducendo alla chiamata del figlio». Decisivi sarebbero stati anche Roberto Pennisi e Santo Di Nuovo, direttori dei dipartimenti di Giurisprudenza e Scienze della formazione. Entrambi indagati, si sarebbero astenuti dal fare richiesta di nuovi professori «concordandolo con il rettore». Discorso diverso per la professoressa, anche lei indagata, Michela Cavallaro, direttrice del dipartimento di Economia, che avrebbe «concordato con il rettore la chiamata per un posto nel settore di Diritto amministrativo», nonostante non vi fosse «alcun bisogno».

Da corso Italia (sede di Economia) a via Vittorio Emanuele (sede del dipartimento di Scienze politiche), la musica sarebbe stata sempre la stessa. I vincitori avrebbero saputo prima i nomi dei loro contendenti e in questo caso, stando all’accusa, li avrebbero pure valutati così da arrivare al primo posto della graduatoria. Un presunto conflitto d’interessi che avrebbe avuto la regia di Barone. Nel mirino degli inquirenti il concorso per un posto da ricercatore a tempo determinato in Storia contemporanea, bandito dall’università il 7 giugno 2017. A vincerlo l’indagato Sebastiano Angelo Granata

Barone si sarebbe occupato in prima persona di contattare i professori Santi Fedeli e Giovanna Cigliano. Ricevuto l’ok a fare parte della commissione di valutazione, perorando il nome di Granata, l’allora direttore sarebbe riuscito a farli nominare dal consiglio di dipartimento. Ma il colpo di scena deve ancora arrivare. Perché Barone, insieme a quello che poi risulterà essere l’assegnatario del posto, si sarebbe occupato di valutare gli altri sette candidati «in modo da stilare una graduatoria con un punteggio finale che vedesse Granata vincitore». Poi effettivamente proclamato a fine settembre del 2017.   

Negli atti dell’inchiesta Università bandita spunta pure «un convegno fantasma», organizzato soltanto sulla carta. Sebbene gli uffici amministrativi, secondo gli inquirenti, avrebbero comunque rimborsato quasi mille euro per I volontari italiani in Russia durante la grande guerra. Soldi, stando ai documenti, destinati al vitto e al biglietto aereo Napoli-Catania, andata e ritorno, che avrebbe utilizzato Cigliano, commissaria proprio del concorso per la posizione di ricercatore e a tempo determinato poi assegnato a Granata. «Si tratta di un ingiusto profitto – scrive il giudice per le indagini preliminari – e di un danno economico per l’ateneo». La mente sarebbe stata ancora una volta Barone, attivo, secondo l’accusa, con la collaboratrice Alessia Facineroso. Anche lei accusata di truffa ai danni dello Stato per avere «realizzato la locandina per il convegno fantasma necessaria per ottenere i finanziamenti da parte dello stesso dipartimento». Operazione portata effettivamente a termine con la presunta complicità di due dipendenti dell’università: Maria Giordano e Anna Garozzo. La prima, in particolare, avrebbe suggerito a Barone di «costruire un evento e fare una locandina per sostenere le spese della trasferta».


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