Con la scusa dei ‘costi della politica’ vogliono distruggere l’Ars

Nessuno sa di preciso che cosa abbiano in testa il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e l’onorevole Antonello Cracolici. Proprio in questo periodo i tre non dovrebbero andare d’amore d’accordo. Ma, pur tra le diversità di vedute, su una cosa i tre sembrano concordare: sulla ‘tosatura’ degli stipendi di dirigenti e funzionari di Palazzo Reale.

Il più ‘incaniato’ di tutti sembra il presidente della Regione. Il personaggio, con rispetto parlando, non è Montesquieu e, senza offesa, nemmeno gli somiglia. L’idea di massacrare le indennità della burocrazia dell’Ars arriva direttamente dal ‘cerchio magico’ del governatore dell’Isola.

I protagonisti del ‘cerchio’, avendo appurato che mai e poi mai potranno arrivare ai livelli dei dirigenti dell’Ars (anche perché alcuni di loro non hanno mai vinto un concorso), per uno dei sette peccati capitali conosciuto come “invidia”, hanno convinto Crocetta a intraprendere la crociata contro gli alti burocrati dell’Ars.

Dubitiamo che Crocetta possa aver convinto Cracolici della bontà di questa proposta mozza-teste, perché i due non si ‘prendono’. Fatto sta che anche Cracolici, che presiede la speciale Commissione che dovrebbe tagliare i costi della politica, è ormai convinto che bisogna tagliare le indennità di funzionari e dirigenti dell’Ars.

E il presidente del Parlamento dell’Isola? Non si sa come e non si sa perché – c’è chi dice per induzione elettrostatico-politica, c’è chi ipotizza per possibile proprietà transitiva – ma anche Ardizzone avrebbe allargato le braccia dicendo: “Sia quel che sia!”.

Che sarà, alla fine, ‘sta riduzione dei costi della politica? Il progetto non di tutti i parlamentari, ma di una ristretta cerchia potrebbe essere il seguente. I 90 ‘califfi’ dovrebbero fingere di tagliarsi i propri ‘stipendi’. Avendo a disposizione sette-otto voci nella ‘busta paga, proporrebbero, alla luce del sole, un taglio di circa 2 mila euro da una delle indennità mensili, riprendendosi i soldi, nell’ombra, da un’altra parte.

Se si limitassero a questo verrebbero ‘sgamati’. Se, però – questo il ragionamento di qualche ‘scienziato’ – al finto taglio delle proprie indennità di parlamentari i ‘califfi’ uniranno il taglio vero a funzionari e dirigenti dell’Ars, dandoli in ‘pasto’ all’opinione pubblica, la gente non farebbe più caso a loro e si concentrerebbe sugli alti burocrati dell’Ars messi finalmente a dieta.

Lo ribadiamo: non tutti i deputati sono molto convinti di questa manovra. Anche perché, a quanto ci risulta, una parte dei parlamentari non avrebbe tutto questo piacere di compiacere il presidente Crocetta e il suo ‘cerchio magico’ di invidiosi.

Detto questo, a noi, quello che hanno in testa Crocetta, Ardizzone e Cracolici non ci convince proprio. Per una serie di ragioni che ora cercheremo di illustrare.

Il Governo Crocetta ha già incasinato tutta la dirigenza regionale. Basti pensare che, a luglio, quasi tutti i dirigenti sono senza contratto. Al di là delle chiacchiere e delle inutili conferenze stampa che convoca a ritmo continuo a Palazzo d’Orleans, dove annuncia ‘moralizzazioni’ della vita pubblica siciliana poi regolarmente smentite dai comportamenti del suo Governo (e soprattutto dai protagonisti del suo ‘cerchio magico’), a nostro modesto avviso, soprattutto sulla vita interna di Palazzo Reale, l’ultima persona che dovrebbe imporre l’agenda è il presidente della Regione (per fortuna di questo sono convinti anche molti parlamentari).

Questo vale come regola generale. Non si è mai visto, infatti, un presidente della Regione che decide sull’organizzazione interna dell’Ars. Tra l’altro, negli ultimi due mesi, il presidente e gli assessori ‘tecnici’ hanno regolarmente snobbato il Parlamento dell’Isola, nel nome di una ‘presunta superiorità’ che non c’è e che, qualora ci fosse, non andrebbe sbandierata.

Insomma, noi troviamo molto singolare che i parlamentari dell’Ars, nell’organizzazione nella vita interna di Palazzo Reale, prendano ordini da un Governo. Soprattutto da ‘questo’ Governo e dalla ristretta cerchia di burocrati di Palazzo d’Orleans, in parte addirittura ‘esterni’ all’amministrazione.

Ciò posto, il problema delle retribuzioni apicali di Palazzo Reale si pone. Ma di questo dovrebbe occuparsi il Consiglio di presidenza dell’Ars e non il Parlamento dell’Isola su input del Governo. Insomma, per affrontare e risolvere certi problemi non c’è bisogno di una legge regionale.

Anche perché, ci permettiamo di ricordare che il cosiddetto decreto Monti che ha affrontato il tema dei tagli ai costi della politica, per la parte che riguarda le Province, è stato già ‘cassato’ dalla Corte Costituzionale. La Consulta ha detto a chiare lettere che questi interventi si fanno con legge costituzionale e non con un decreto! E, visto che i ricorsi ci sono già, difficilmente potrà dire cose diverse sulle Regioni.

Concludendo, a nostro modesto avviso, tutto questo furore contro l’Ars risponde a un unico obiettivo: distruggere le istituzioni parlamentari siciliane. Sfruttando gli istinti più bassi dell’animo umano – per esempio l’invidia – si punta a disarticolare l’organizzazione e il funzionamento dell’Assemblea regionale siciliana.

Lo ribadiamo: ben venga una rivisitazione al ribasso delle retribuzioni di funzionari e dirigenti dell’Ars. A cominciare dall’esagerata retribuzione del segretario generale (600 mila euro lordi all’anno sono una cifra folle). Ma ciò va fatto con gli strumenti che già il Parlamento siciliano possiede.

Una legge regionale mozza-teste, come vorrebbe il Governo Crocetta (e il suo ‘cerchio magico’) avrebbe come unico effetto l’apertura di contenziosi. Con effetti deleteri sul funzionamento del Parlamento siciliano. Ma forse è proprio questo l’obiettivo che si vuole raggiungere: distruggere, dall’interno, le istituzioni parlamentari della nostra Isola.

Tra l’altro, a differenza di quello che succede a Palazzo d’Orleans, a Palazzo Reale funzionari e dirigenti sono vincitori di concorso: e non sappiamo fino a che punto una legge regionale possa travolgere prerogative costituzionali.

 

 


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