Comuni, Regione e Stato non pagano da due anni «Nuovi debiti perché non arriva quanto ci spetta»

«O si comprende storicamente la situazione o qui salta il banco». È un fiume in piena il sindaco di Pachino, Roberto Bruno. Le energie non gli mancano, nonostante abbia iniziato lunedì mattina uno sciopero della fame. Una forma «eclatante ma necessaria» la definisce, per protestare contro il taglio di finanziamenti che subiscono gli enti locali.

I circa duecento dipendenti pubblici del comune di Pachino non hanno ricevuto lo stipendio di aprile e non è possibile programmare la spesa per saldare quelli di maggio, che sta per terminare. I pagamenti ai fornitori sono bloccati, mentre i servizi essenziali rimangono garantiti, con civico senso del dovere. La situazione alla lunga però rischia di diventare insostenibile, in un Comune di ventiduemila abitanti. «Ad oggi è impossibile pagare gli stipendi, ma non è colpa nostra. Non abbiamo ancora ricevuto un solo centesimo di finanziamento per il 2015. E vantiamo crediti pregressi per il 2014 e per gli anni precedenti», comunica il primo cittadino. Una situazione comune a diverse città siciliane.

«Le difficoltà sono enormi – ribadisce il vice presidente regionale dell’Anci, Paolo Amenta, sindaco di Canicattini Bagni – La crisi di liquidità è drammatica. Pesa la mancata erogazione dei finanziamenti statali e regionali – ad esempio la regione deve versare ancora i contributi dell’anno 2014». Una denuncia, da parte dell’associazione nazionale comuni italiani, lanciata già da più di un anno: «Lo ribadiamo da tempo: le istituzioni non comprendono che non possono scaricare il peso della spending review sugli enti locali». Corrono il rischio di essere stati profeti di sventura. Anche la Corte dei Conti siciliana aveva segnalato l’allarme, annotando una «condizione di preoccupante peggioramento della finanza locale, imputabile principalmente alla progressiva e consistente riduzione dei trasferimenti di provenienza statale e regionale». 

È impossibile inoltre colmare il vuoto generato dal mancato pagamento delle imposte locali. Il tasso di evasione è già alto – solo sei cittadini su dieci a Pachino sarebbero contribuenti attivi in regola – e potrebbe ulteriormente crescere. «Non posso permettermi di alzare le tasse, che sono già elevatissime – spiega il sindaco Bruno – Le pagherebbe poi solo chi ha una forma mentis basata sulla correttezza e sul dovere civile. Magari si tratta di un pensionato che fa già fatica ad arrivare alla fine del mese. Non è equo, è il sistema a dover cambiare».

Dal caso particolare ad una visione complessiva, che porta ad estrarre la drammatica analisi: «Il risanamento delle casse – continua il primo cittadino – non può essere operazione a spese degli enti locali e di conseguenza dei cittadini. In questo modo ne risentono i servizi che dobbiamo garantire. Quello che viviamo è un serio disagio». Tanto meno ci si può appellare ad operazioni di marketing politico. «Si vuole far credere che il taglio degli emolumenti degli amministratori locali possa essere una soluzione. Tutti a puntare il dito e a gridare allo scandalo Gettonopoli. I consiglieri di Pachino, ad esempio, ricevono tra i tre e i quattrocento euro lordi l’anno per le sedute di consiglio e commissione. Non sono certo la cifra considerevole con cui risollevare il bilancio».

Il bilancio della città di Pachino è in via di risanamento: «Il mio predecessore aveva speso in modo inutile e anomalo. Negli ultimi undici mesi (successivi all’elezione) ho lavorato per ripianare il debito e ho contratto un prestito con la Cassa Depositi e Prestiti (una s.p.a. controllata all’80 per cento dal Ministero dell’Economia) di diciassette milioni di euro. Adesso però manca la liquidità necessaria alle spese attuali. A novembre verrà aperta dal governo una terza finestra di prestito. Devo indebitarmi ancora – e pagare, nonostante il tasso agevolato, gli interessi – perché non ricevo i finanziamenti che spettano al Comune di Pachino? Per di più non posso dichiarare il dissesto economico, proprio per i prestiti che ho contratto».

Non sembra esserci via d’uscita dalla crisi per i Comuni siciliani. Che provano a unirsi: «Stiamo cercando di creare una rete trasversale con i colleghi dei territori. Anche loro denunciano i tagli e i rischi conseguenti», risponde Bruno sulle nuove possibili iniziative. I bilanci dei Comuni dell’ibleo e del siracusano riportano gravissime condizioni. Da Comiso, passando per Pozzallo e Ispica, fino ad Avola e Lentini, quasi in tutti questi paesi il dissesto finanziario è già stato dichiarato. «Un continuo crescendo drammatico. Se non si interviene, il rischio è un big-bang», dichiara mesto Amenta. «Stiamo rischiando davvero che saltino i comuni, ma così salta tutto», conclude Bruno. Una polveriera sociale pronta ad esplodere.


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