Il collegio dei revisori contabili aveva già messo in guardia palazzo delle Aquile: troppe ombre sui conti delle partecipate. E in ogni caso, bisogna poter dimostrare che a un effettivo risparmio di denaro corrisponda almeno il mantenimento della qualità dei servizi al di sopra della soglia dell’accettabilità. E questo deve poter essere provato. Adesso ci pensa anche la Corte dei conti a tirare le orecchie all’amministrazione comunale di Palermo. Tanti i temi messi sul tavolo da parte dei magistrati contabili, su tutti «la bassa percentuale di irregolarità sanate rispetto a quelle segnalate, pari a 204 su 695 (29% circa) riferite a 148 atti esaminati nel 2015, che mal si concilia con quanto previsto del Testo unico per gli enti locali». Numeri davvero esigui che il sindaco Leoluca Orlando, sentito dalla Corte in proposito insieme al segretario generale Fabrizio Dall’Acqua, ha giustificato sostenendo che «la maggior parte delle irregolarità non sanate non assumono una valenza tale da inficiare la legittimità dei provvedimenti sottoposti a questo tipo di verifica».
E non è solo la ricettività ai richiami che ha messo in allarme la magistratura contabile, ma ancora una volta il tema dei conti delle partecipate. Questione annosa per qualsiasi grande centro abitato, ma ancora di più per Palermo per le polemiche di quanti – revisori compresi – hanno raccomandato maggiore puntualità nella redazione e nella presentazione dei bilanci. «Con riferimento – ha detto ancora Orlando – al controllo sulle società partecipate, ha riferito anche dell’attività di modifica degli statuti societari, al fine di renderli coerenti con le prescrizioni del nuovo Testo unico sulle società partecipate». In realtà questo è il vero e proprio nodo da sciogliere. Se infatti nel caso dei controlli interni l’amministrazione ne esce bene promettendo maggiore efficacia, sul fronte partecipate la situazione si presenta più complessa.
Il primo problema è squisitamente tecnico: il software per effettuare i controlli a livello contabile ideato dalla Sispi – partecipata per i servizi tecnici e informatici del Comune – non è adeguato. Così il Comune ha dovuto correre ai ripari e fare ricorso all’istituto del riuso dei software, che permette alle amministrazioni pubbliche di condividere e adottare sistemi informatici in uso in altre amministrazioni. In questo caso il sistema prescelto è quello adottato dal Comune di Roma Capitale, che ha già dato la propria disponibilità a condividere il sistema chiamato Sw simop. «È attualmente in corso la procedura di formalizzazione dell’accordo da parte del competente dirigente dell’Ufficio Innovazione» si legge nella relazione, che vede con positività la decisione di accantonare la soluzione interna della Sispi per passare a una già rodata. Ben diverso è il discorso legato alla qualità dei servizi.
I magistrati contabili pongono l’accento sulla «assenza di una puntuale regolamentazione del controllo sulla qualità dei servizi – erogati sia direttamente che mediante organismi esterni -. Allo stato, sulla base di quanto documentato dal referto, risulterebbero solo avviate, da parte dei singoli servizi dell’ente, alcune attività periodiche di aggiornamento e monitoraggio degli standard di qualità indicati nella carta dei servizi, nonché sporadici controlli della qualità percepita, attraverso la somministrazione di questionari di customer satisfaction», troppo poco per fornire un quadro chiaro della situazione. Un gap che a palazzo delle Aquile intendono colmare inserendo una nuova procedura sempre basata su un sistema di audit. L’ultima bacchettata arriva riguardo i ritardi nell’esigere i pagamenti delle multe e delle sanzioni e sui debiti fuori bilancio, a cui l’amministrazione è invitata a prestare maggiore attenzione «anche in considerazione delle criticità sulla gestione di cassa e sulla ricostituzione dei fondi a destinazione vincolata più volte segnalate» dalla Corte.
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