All’improvviso arriva lui, l’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro, e la campagna elettorale di Palermo si infiamma. In attesa di capire quanto è ancora capace di incidere nel bacino di voti del capoluogo siciliano, sicuramente l’ex governatore – condannato nel 2011 in via definitiva a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto istruttorio – smuove ancora l’opinione pubblica. E i candidati a sindaco fanno a gara o per prenderne le distanze o per difenderne l’appoggio.
Dopo l’intervista apparsa su Repubblica, in cui Cuffaro aveva dichiarato di «lavorare per Ferrandelli» e che «la sua candidatura mi emoziona perché Fabrizio possiede un’empatia che è la stessa che avevo io 20 anni fa», il primo a scagliarsi contro questo appoggio è stato il rivale numero uno di Cuffaro prima e di Ferrandelli poi: quel Leoluca Orlando che in una nota diffusa oggi parla del centrodestra come di «una coalizione a guida di un condannato per mafia. Non posso tacere di fronte a un tentativo di tornare a un passato che ci ha fatto vergognare di essere palermitani e siciliani». Per poi spiegare di essere intervenuto «perché di fronte al silenzio di tutti ho pensato che la mia presa posizione fosse doverosa: io il sindaco l’ho fatto sempre così e continuerò a farlo così».
A stretto giro arriva la dura e lunga replica dello stesso Ferrandelli, resa pure in un video. Che si riferisce all’attuale primo cittadino senza nemmeno citarlo, riportando alla mente il Veltroni del 2008 che non nominava Berlusconi se non citandolo come «il principale esponente dello schieramento a noi avverso». Dice l’ex deputato all’Ars: «Leggo sui giornali di oggi le parole del mio avversario politico e rimango sconcertato ma non sorpreso, perchè riconosco la sua solita retorica e il suo stile. I palermitani però sono stanchi di questa antimafia di facciata e della tendenza a squalificare l’avversario buttando fango e ombre». Per poi pungolare Orlando spiegando che «non nascondo chi vuole stare con me come stai facendo tu all’interno di liste senza appartenenza. Io dico in maniera chiara chi è con me. E soprattutto non metto insieme gli uomini. Metto insieme le identità politiche, perchè io non ho la doppia morale per decidere chi è buono e chi è cattivo».
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