Comunali, i cinquestelle giocano a carte coperte Le contromosse di Orlando per arginare i grillini

A Riccardo Nuti, candidato sindaco del Movimento cinque stelle in occasione delle elezioni amministrative a Palermo nel maggio del 2012, 10.910 voti non sono bastati per arrivare alla soglia del cinque per cento necessaria a superare lo sbarramento previsto dalla legge. L’ascesa dei cinquestelle si è fermata al 4,3 per cento. Avendo riportato 3.168 voti come consigliere comunale, mister preferenze è rimasto fuori da Sala delle Lapidi. Il Movimento di Beppe Grillo ha solo sfiorato il risultato, recriminando su un gran numero di voti annullati contestati

Ma come sarebbe stato questo quinquennio con i grillini dentro il Palazzo di città? Leoluca Orlando avrebbe potuto concedere solo alcuni transfughi dalla propria lista all’area renziana del Pd? Sarebbe stato meno facile per l’amministrazione comunale spacciare quella che per molti è l’impostura dell’ennesima moltiplicazione di ex Pip confluiti nella Reset? La gestione della vicenda tram, oggi da più parti contemplata con gioia, sarebbe stata più equilibrata?

O ancora, la presenza  in Consiglio del Movimento cinque stelle, una platea che in tanti altri contesti è stata spesso agguerrita, pronta a sollevare problemi al sindaco dei palermitani per antonomasia, avrebbe logorato e usurato un elettorato che nella quinta città d’Italia è rimasto senza una rappresentanza? O sarebbe stata apprezzata da quel riflesso contro natura che a Palermo è la protesta a fin di bene? Risposte non ce ne sono. Congetture molte, ipotesi qualcuna. In ogni caso quello che si può ragionevolmente presumere è che di qui a qualche mese il rumore dei nemici, per dirla con Josè Mourinho, sarà percepibile sia a destra che a sinistra, arrivando fino a Villa Niscemi, da dove Orlando sorveglia l’avanzata degli avversari. 

Il fatto è che i pentastellati, rimasti fuori dalle assemblee cittadine di Palermo e Catania, hanno scelto consapevolmente di mantenere la posizione attraverso singole azioni di europarlamentari, deputati regionali e nazionali. Una scelta di semplicità, in parte anche dovuta, ma che, al tempo stesso, ha privato di una visibilità di territorio e di quartiere, di periferia e d’insieme, proprio il Movimento cinque stelle. Non è un caso che l’elezione al consiglio comunale, specie a Palermo, sia ritenuta una delle più complesse e difficili esperienze da tentare. 

In queste settimane il Movimento cinque stelle ha moltiplicato gli sforzi organizzativi sotto traccia per definire una piattaforma di iniziative e di strategie da lanciare. Quante di queste troveranno il favore del palermitano storicamente incline ad esprimere un voto strutturato e agganciato al territorio? C’è già un nome del M5s pronto, o sarà la solita lotteria democratica del web a dare indicazioni? E infine, i post grillini, smaliziati dalle esperienze delle città in cui amministrano, vogliono veramente passare il Rubicone? Per quanto riguarda la fisiologica predisposizione al cambiamento dei palermitani, basta citare l’esempio della Rete

Nel 1993 il movimento che sostenne la candidatura di Leoluca Orlando conquistò il 32,6 per cento dei voti contro il 13 per cento del candidato democristiano Elda Pucci, centrando 19 seggi. La scelta di nascondere le mosse agli avversari da parte del M5s, tuttavia, è destinata ad avere vita breve. Tra qualche settimana Orlando entrerà in azione con centinaia di operai Reset per pulire La Favorita. Sarà il segnale convenuto per lanciare di fatto la propria ricandidatura. Ai grillini non rimarrà altro, a quel punto, che scaldare la piattaforma on line. Che lo spettacolo abbia inizio.


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