R.E.M.
MURMUR
(1983, IRS RECORDS)
PREMESSA
Listrionico impiegato di uno dei negozi di dischi più famosi di Athens (Georgia), Peter Buck, ed un magrolino eccentrico studente darte, Michael Stipe, fanno conoscenza tra gli scaffali proprio della bottega dove lavorava Peter, parlando di musica, politica e università. Fu strano per loro, poi, scoprire che uno era un chitarrista autodidatta appassionato di new wave e laltro se la cavava con la voce e con la scrittura poetica. Fu strano perchè era come se il destino li avesse voluti unire. In quei primi mesi del 1978 cominciò a risuonare il primo vagito dei R.E.M.. Siamo alla fine degli anni 70, il punk impazza nel mondo ma la sua scia folgorante appare sin da subito di breve gittata. Buck è ormai celebre tra i suoi colleghi che lo riconoscono come figura di riferimento musicale della piccola Athens, ed anche per questo non fu difficile per lui trascinare verso di se una delle sezioni ritmiche più in voga nel campus: il bassista Mike Mills e il batterista Bill Berry. Buck ci era riuscto, insomma. Aveva formato il quartetto che voleva. Che stava cercando. Ora era da vedere di che pasta erano fatti quei giovani studenti americani di inizio 80. I tratti di questa storia poi assumono quelli di una specie favola soprattutto quando la biografia dei Rapid Eye Moviment (R.E.M.), narra della trasformazione di una vecchia chiesa abbandonata, in sala dincisione. Tutto vero però, non una favola. Berry, Buck, Mills e Stipe raccolsero veramente i loro ferri del mestiere, qualche materasso e una buona scorta di birre e crearono il quartier generale nella chiesa sconsacrata di OConee Street. Così nascono i R.E.M., un po per caso e un po per magia.
È il 1983 quando la I.R.S. pubblica il debutto vero e proprio dei R.E.M. (dopo lep Chronic town) con Murmur. Nasce negli Stati Uniti il filone Underground. Migliaia di band dai bassissimi costi di produzione, “affrancate” da piccole etichette e con della musica nuova nelle tasche, sfidano lo strapotere delle intoccabili Major e delle miliardarie campagne promozionali. I R.E.M. fanno parte di questo underground nuovo di zecca e per lesordio decidono, così, di mormorare (Murmur mormorio), di bendarsi di fronte allimpressionante impatto punk dellepoca e di proporre un sound impastato di Patti Smith, Velvet Underground e Lou Reed. Ma, forse, è ingiusto parlare di gruppi di riferimento per i 4 di Athens, quando già alle prime rullate di Radio Free Europe, il mondo musicale viene a conoscenza di una band, di una sonorità e di una realtà completamente differente. E la critica si rese conto che coi R.E.M. non si poteva giocare con la solita strategia giornalistica dei paragoni, coi R.E.M., non ci si poteva sottrarre dalla responsabilità di grattarsi la testa di fronte a un progetto nuovo. “Radio free europe” dicevamo apre un disco che già nella copertina lunare e oscura sottolinea lermetismo spregiudicato dei testi Micheal Stipe ed anche la crudezza di una buona parte delle atmosfere musicali. “Radio free..” era la radio di facile propaganda degli Usa in Europa durante la guerra fredda e Stipe per ricordarla, mescola unironia difficile assieme ad una buona dose di giochi verbali e voli semiotici. La superbia degli States a livello internazionale è parodiata grazie allausilio dei deliri compositivi del suo autore:
Fuori di sé la radio rimane/ Potrebbe ravvivare il grigiore
Il pezzo è un vero campione di ritmo, Berry colpisce puntuale le sue pelli e pare concentrare su di sé la forza di un brano che fece la fortuna della band tra gli scaffali dei negozi nazionali e nel successo radiofonico. Si parlava di ermetismo concettuale e testuale: Il binomio “Pilgrimage”- “Laughing”, posto a seguire, lo fa affiorare con tutto la sua dimensione dolce-amara. Le due canzoni hanno la decisiva caratteristica di partire con un broncio inconsolabile, fino ad aprirsi, però, verso a brillanti voli vocali. In questo senso è decisivo lapporto di Mike Mills nei cori che addolciscono i brani, sporchi” della voce masticata del primo Stipe. Ma torniamo per un attimo ai testi. Liriche di Michael Stipe alla mano, si può certamente parlare di Cut-Up, ovvero tecnica del taglio. In un ingrovigliarsi di tematiche e parabole, si assiste allattento accostamento di immagini, suoni e melodia che si risolve in un composto indivisibile. Leggere i testi di Michael senza la musica, quindi, sarebbe un impresa titanica per chiunque, anche perché, le sue sono visioni istantanee, pezzettini di bobina ritagliati e accostamenti visionari (come insegna Borroughs). Ed allora il pellegrinaggio e la babele, Laoconte ed i suoi due figli e le altre situazioni, sembrano suggerire ancora una volta un significato politico (Laoconte verrà ucciso perché aveva tentato di avvertire il suo popolo della possibile disgrazia), ma immerso nelle sabbie mobili del genio letterario. La polemica stipiana non si arena di certo. La dolcissima Talk About the passion e la dura Moral Kiosk mostrano allo specchio due nei sul volto degli Usa anni 80: gli homeless a migliaia sui marciapiedi statinutensi e il perbenismo insopportabile dei signori della Tv. Tuttavia il percorso lirico utilizzato da Stipe per i due brani appare diametralmente opposto. Mentre Talk About.. è una ballata che gira attorno a solo a sei versi tral’altro piuttosto accessibili, Moral Kiosk è una canzone cattiva, dissonante, difficile da masticare e quanto di più oscuro dal punto di vista testuale. Lepisodio più soave e forse più inaspettato dellintero disco è quella Perfect Circle, dolce, dolcissima fino allo svenimento. Forse come mai all’interno del disco, i nostri si ricordano di avere poco più di ventanni e che la loro infanzia sta proprio un passo in dietro. Il brano è un sapiente montaggio di ricordi ed evocazioni. Qui Michael gira un piccolo film di parole, pochissimi sono i versi a reggere il brano, ma cosi profondi da suggerire più immagini. La chitarrina di Buck ed il piano suonato da Mills sembrano abbracciarsi, Stipe carica la sua voce e la trattiene.
Ma si va avanti. Dopo il rock ‘n roll di Catapult (splendida la chitarra acustica di Buck) che richiama in qualche modo il tema dellinfanzia (insieme alla traccia numero 10 Shaking Thoughts), Sitting Still e 9-9 tornano a spargere sul disco dei granelli di mistero ed oscurantismo. I brani sono esempi perfetti di quello che poi verrà conosciuto molto bene come Non Sense alla Michael Stipe: frasi bizzarre, neologismi, forme grammaticali inconsistenti, parole musicali. In particolare 9-9 è anche il brano musicalmente più anomalo del lotto. Al basso iniziale di Mills, con le incisioni di Buck che incalzano i gorgheggi di Stipe, segue la follia di Berry ad accelerare il tutto in un bagno psichedelico e tagliente. La filastrocca We Walk e la di nuovo deprimente West of the fields chiudono il debutto.
Se dovessimo fare un resoconto del disco, potremmo dire che si tratta di una prima prova di grande personalità e che, con gli anni, ha vinto meritatamente la corsa per lentrata tra i classici del rock. Murmur è lideale indice di quello che i R.E.M. proporranno in futuro: La polemica contro le politiche americane, i riferimenti storici, le dolci ballate ed un continuo invito a leggere tra le righe del mondo. Il tutto mormorato, perchè si sa che le parole dette a bassavoce sono, probabilmente, le più pericolose.
Quinta spaccata in pochi mesi. Non c'è pace per il bar Gran Cafè Torino in…
Sgominata dalla polizia di Stato una banda che, a Brancaccio, spacciava crack e hashish, a…
I carabinieri della Stazione di Lentini hanno arrestato un operaio di 43 anni per maltrattamenti…
Non solo scadenza e peso. Prestare attenzione alle etichette degli alimenti che acquistiamo è una…
Due fratelli di Misilmeri, in provincia Palermo, di 64 anni e 59 anni, uno dei quali disabile,…
I carabinieri di Trapani hanno denunciato un 39enne e un 64enne per furto e ricettazione…