Un blitz dell'assessore alle Infrastrutture Marco Falcone consente l'accesso al cantiere dell'unica fermata della tratta Borgo-Nesima non ancora operativa. Tutta colpa delle infiltrazioni dalle falde di cui l'intero quartiere è ricchissimo. Guarda le foto
Cibali, la metro che non apre perché c’è l’acqua Viaggio nel cantiere della stazione ancora chiusa
Ci voleva un sopralluogo per comprendere a che punto è la stazione della metropolitana di Cibali. Unica delle fermate della tratta Borgo-Nesima a non essere ancora aperta, nonostante dall’inaugurazione delle altre siano passati anni. Il problema è tanto semplice quanto datato: l’acqua.
Quella dei numerosi torrenti e sorgenti che scorrono al di sotto del quartiere e che si insinuano nel cemento con cui è stata costruita la stazione della metro. «Abbiamo un problema di infiltrazioni che stiamo provando a risolvere», dice, schietto, il direttore della Ferrovia circumetnea Salvatore Fiore, parlando con l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone. «Qui una volta c’era una cascata», spiega Fiore, mostrando un angolo di muro là dove terminano le future scale mobili.
È il blitz di Falcone a permettere ai cronisti di accedere a gallerie e tunnel. E sin dal momento in cui si arriva sei metri sotto al livello della strada, prima di scendere ancora fino all’altezza dei binari, il rumore che la fa da padrone è quello delle gocce d’acqua che arrivano a terra. Un problema che era stato sollevato da MeridioNews ad aprile 2017, con la pubblicazione in esclusiva di un video che mostrava un piccolo fiume scorrere all’interno della stazione. Da quel momento in poi, era stato un susseguirsi di scadenze per l’inaugurazione: prima varie date nel 2018, poi altrettante nel 2019. Adesso un non meglio precisato mese del 2020. «Per Sant’Agata?», domanda Falcone. «Meglio non dare scadenza, perché se poi si ritarda di 15 giorni…», risponde Fiore.
I ritardi. Vera croce di quella tratta della metro, la cui gestazione trentennale ancora non vuole concludersi. I problemi delle imprese, di cui lungamente si è parlato, in effetti ci sono stati. Prima Sigenco, l’ex colosso fallito; poi Tecnis, impresa che pareva indistruttibile e che invece è crollata come un gigante con le gambe di sabbia. Adesso che Tecnis è stata venduta alla D’Agostino costruzioni (dopo l’aggiudicazione fallita al gruppo Pessina) sembra che le cose si stiano aggiustando. «Gli stop ai lavori determinati dalle vicissitudini delle società hanno fatto un grave danno a questo cantiere – ammette Fiore – Consideri una cosa: tra fallimenti e commissariamenti, le imprese sono state sempre nelle mani di tribunale e ministeri. Che potere ha una stazione appaltante di fronte a questo? Noi non abbiamo speso un euro più di quanto fosse preventivato, perché non era colpa nostra quello che stava accadendo».
I materiali per completare la stazione Cibali sono già pronti, accatastati un po’ all’esterno e un po’ all’interno del cantiere. Dalle scale mobili alle mattonelle per i rivestimenti interni. «Le infiltrazioni sono imprevedibili», spiega a questa testata Gianguido Babini, direttore di produzione della neoproprietaria D’Agostostino costruzioni. Lui, in realtà, la stazione Cibali e la città le conosce bene. Catanese, già ingegnere al servizio della società che fu di Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice. «Sono tornato a occuparmi di quanto ha a che vedere con le ferrovie – continua – Qui stiamo facendo finalmente un lavoro completo».
Per tappare i buchi scavati dall’acqua si stanno usando delle resine. Che finora hanno dato i risultati sperati. «I punti in cui le abbiamo usate non hanno riproposto infiltrazioni d’acqua». Ma sempre acqua è, dunque costruisce la sua strada altrove. «Interveniamo a ogni nuova infiltrazione, poi attendiamo la risposta dell’acqua e interveniamo ancora». In queste condizioni, due o tre mesi saranno certamente necessari per concludere l’impermeabilizzazione della stazione di Cibali. «L’acqua era ovviamente prevista dal progetto, ma questo genere di lavori devono essere eseguiti con continuità – aggiunge Fiore – Se si lascia un intervento incompleto, si vanifica anche quello che è stato fatto prima e l’unico risultato che si ottiene è che si deve ricominciare da capo».