Ballavano rock’n'roll, rockabilly, musica psichedelica e new wave, andavano alla discoteca Empire e chiacchieravano delle nuove band americane a casa di Francesco Virlinzi o nel negozio di dischi Musicland. Oggi una parte di quella generazione si riunirà per un particolare evento
Christmas Rock Town stasera in piazza Manganelli Un sorso della beat generation catanese anni ’80 e ’90
Quando Catania si guadagna l’appellativo di Seattle d’Italia sono gli anni ’90. Gli hipster portano il chiodo, le frange agli stivali e la cresta in testa. Negli States la scena è dominata dai Pearl Jam, dai Nirvana, dai Doors e dai Rem mentre alle pendici dell’Etna c’è una beat generation che impazza per il rock’n roll, il rock’ a billy, la musica psichedelica e il genere dark. Il mondo se ne accorge, i giornali si incuriosiscono e ne esce fuori un fenomeno e un paragone con l’industriale città americana di Seattle. «Oggi qualcuno sta rispolverando quelle atmosfere, rivalutando il grande fervore artistico e culturale di quegli anni», racconta Carmelo Quartarone, batterista dei Melotones. La sua band – insieme a Francois e le coccinelle, Violet socks e The Dr. Martens – si esibirà questa sera in piazza Manganelli all’evento dal titolo Christmas Rock Town.
«Il nome della manifestazione mi porta alla mente il brano Rock this town degli Stray Cats, uno di quelli immancabili nei pomeriggi catanesi alla discoteca Empire», afferma Quartarone. Al posto della storica discoteca di via Milazzo oggi c’è una sala Bingo e «i miei stivali di cuoio con il frangione sono vecchi, ma mi piace pensare che quella Catania non è mai morta», confida il musicista che alcuni amano definire l’ultimo dei rockers della città dell’Elefante. Quartarone ricorda ancora come la musica rock e i pomeriggi passati a perfezionare il proprio look o la hit in garage siano stati lo specchio di un processo di grande fermento artistico, politico e sociale del territorio etneo. Forse l’ultimo che ha visto Catania protagonista indiscussa. «Negli anni ’80 e ’90 nascevano ogni giorno un sacco di band e il vintage di oggi, sia a livello musicale che estetico, si deve a chi in quegli anni lo aveva dentro», afferma Quartarone.
L’evento di piazza Manganelli vuole essere allo stesso tempo il ricordo di quei lustri e il risveglio del rock in quelli che vent’anni li hanno oggi. «In una città che in passato è stata paragonata a una scena come quella di Seattle, il rock è stato accantonato in favore di spettacoli più classici», racconta Alan Distefano, uno degli organizzatori di Christmas Rock Town. Alla serata all’insegna di «chi ha fatto la storia della musica a Catania» anche una mostra fotografica curata dagli studenti dell’Accademia di belle arti etnea, uno spettacolo per bambini, un happy hours e i mercatini del vintage.
Un altro che passava la domenica pomeriggio a perfezionare le basette e il ciuffo per andare all’Empire piuttosto che alla discoteca Mcintosh «quella dei fighetti», è il rocker Francesco Turrisi della band Francois e le coccinelle, nata nel 1989. Per il gruppo il debutto nelle scene portò subito un 45 giri, seguito in poco tempo da diverse compilation di cover e inediti. «Di quella Catania sono rimasti dei sopravvissuti», afferma con malinconia Turrisi. «Ricordare la città degli anni ‘80 e ‘90 a volte è come sentire un fuoco ancora vivo sotto la cenere, altre volte c’è la soddisfazione di sapere di averla vissuta – aggiunge il musicista -. Tuttavia i fenomeni vanno valutati nelle loro circostanze storiche e sociali, senza creare leggende».
E si sa che la lontananza nel tempo partecipa alla creazione di varie mitologie. Ancora di più se in un mondo in cui tutto è più lento. «La mia generazione ha creato miti perché tutto era di difficile accesso, per seguire un concerto dovevi passare giornate intere in treno e non potevi trovare informazioni su un artista scrivendone semplicemente il nome su Internet», dice Turrisi. Per lui la Catania rock era «un calderone di fervore e dirompenza che non aveva confini di genere», ricorda. La Catania musicale ancora lontana dagli anni duemila viveva delle competizioni tra i frequentatori dell’Empire e quelli del Mcintosh, la scoperta di un nuovo gruppo americano e l’acquisto di un giubbotto di pelle modello Happy Days. Il minimo comune denominatore era il culto per la musica. Il che si risolveva il più delle volte andando al negozio di dischi Musicland di Nico Libra definito «il tempio», o a casa di Francesco Virlinzi. «Se devo pensare alla colonna sonora di quell’epoca, io scelgo il meraviglioso e compianto Ciccio perché lui era la musica di Catania», afferma Turrisi. Che per stasera si aspetta «un pubblico di zombie, come gli abitanti di questa città, ma non posso sottrarmi perché chi è rocker una volta è rocker per sempre», scherza.