A vent’anni dalla catastrofe constatiamo che non esiste ancora una soluzione, che quella intermedia è in ritardo e con costi crescenti e che le conseguenze dell’incidente non possono essere gestite adeguatamente” è quanto denuncia Pippo Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace, a proposito della messa in sicurezza del sito nucleare di Cernobyl. Onufrio si riferisce […]
Cernobyl: Greenpeace, dopo 20 anni manca ancora soluzione
A vent’anni dalla catastrofe constatiamo che non esiste ancora una soluzione, che quella intermedia è in ritardo e con costi crescenti e che le conseguenze dell’incidente non possono essere gestite adeguatamente” è quanto denuncia Pippo Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace, a proposito della messa in sicurezza del sito nucleare di Cernobyl. Onufrio si riferisce in particolare sia al ritardo del completamento del ‘sarcofago’ che copre il reattore 4 a Cernobyl al centro della catastrofe nucleare del 26 aprile 1986 (e che attualmente è stato eliminato perché ritenuto in un secondo momento non idoneo) sia all’annuncio della costruzione di un nuovo ‘sarcofago’ che per almeno cent’anni dovrebbe evitare pericolose fughe di radioattività del reattore 4.
“E’ una saga senza fine. Il completamento della struttura, previsto in questi anni – commenta l’esponente di Greenpeace – é spostato ora nel 2011. I costi, inizialmente valutati in 768 milioni di dollari, oggi sono stimati in un miliardo e 91 milioni, un aumento del 40% e siamo lontani dall’avvio dei lavori. Uno dei motivi del ritardo nel consolidamento delle strutture, riguarda il reperimento del personale, che ha tempi di rotazione in funzione delle dosi di radioattività assorbite. Le preoccupazioni sul fatto di esporre i lavoratori a dosi maggiori dei limiti si sono già rivelate fondate”.
Secondo Greenpeace un eventuale collasso della struttura attuale avrebbe come conseguenza un rilascio di radioattività significativo fino a distanze di 50 chilometri e oltre, mentre le conseguenze potrebbero essere gravi in un raggio fino a 20 chilometri. “Soltanto nel dicembre 2000 – ricorda Onufrio – gli altri tre reattori di Cernobyl sono stati spenti definitivamente. La giustificazione del tenerli accesi era legata al fatto di poter finanziare in parte il sarcofago con la vendita di elettricità; oggi si pensa di rivendere i pezzi dei reattori ancora utilizzabili per finanziare misure adeguate di sicurezza. La visione dell’Aiea, che vuole presentare l’incidente di di Cernobyl come meno grave del previsto – conclude – è tendenziosa e fuori dalla realtà: rimane il dubbio se una soluzione verrà mai trovata, viste anche le resistenze che emergono in Ucraina che teme di esser lasciata sola col problema del recupero del materiale radioattivo una volta costruito il secondo sarcofago”.