Il comunicato dei giornalisti licenziati.
«Nell’ ambito di una vertenza durissima come quella di Telecolor è legittimo che le parti sostengano le proprie ragioni, quello che risulta odioso è il tentativo di stravolgere la verità come sta tentando di fare la famiglia Ciancio. Non è affatto vero, come sostenuto nel comunicato di ieri dell’azienda che la redazione non aveva accettato i sacrifici necessari per evitare i licenziamenti. La proprietà mente sapendo di mentire.
È agli atti della vertenza l’ articolato piano di sacrifici offerto dalla redazione per scongiurare i licenziamenti. Nei dettagli era già stato accettato il taglio di domenicali, festivi ed ogni forma di lavoro straordinario. E in più, davanti al prefetto di Catania, la redazione aveva accettato un’ aspettativa non retribuita di due mesi l’ anno per ogni singolo redattore.
Quanto diciamo può essere autorevolmente confermato dal prefetto di Catania Cancellieri Peluso, dal viceprefetto Galeani, dal segretario dell’ Assostampa Cicero ed è anche agli atti parlamentari (che siamo pronti a rendere pubblici) nella relazione resa alla Camera dal sottosegretario alle comunicazioni Calò.
Questa la verità. Oltre il danno dei licenziamenti non si può tollerare la beffa di una tale mistificazione dei fatti. Diversamente da quel che va sostenendo la dottoressa Angela Ciancio la trattativa è infatti naufragata alla vigilia dell’ ultimo incontro in Prefettura quando l’ azienda ha improvvisamente presentato un decalogo sul funzionamento della redazione che mirava all’ impiego sistematico dell’ agenzia Asi (di proprietà sempre della famiglia Ciancio) spogliando direzione e redazione del controllo politico su una parte dell’ informazione.
Cogliamo l’ occasione per ringraziare di cuore i colleghi de La Sicilia che, con coraggio ed intelligenza, hanno messo in atto lo sciopero delle firme comprendendo che la vertenza Telecolor sta ormai assumendo un carattere emblematico per tutto il gruppo che fa capo a Mario Ciancio e, in genere, per il mondo dell’ informazione in Sicilia».
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Il contro-comunicato della direzione aziendale è di questo tenore.
«Resta difficile mantenere il dialogo su un piano di civile confronto con chi utilizza il metodo dell’insulto e dell’attacco personale per cercare consenso spostando la vertenza sul tema della libertà di informazione, mai messa in discussione da alcuno. Il famigerato decalogo, che avrebbe impedito l’accordo non prevedeva affatto l’utilizzo indiscriminato dell’agenzia ASI; esso null’altro è stato che il tentativo di sapere almeno, ad esempio, chi è giornalmente al lavoro, chi ha altri incarichi che lo possano attrarre più dei propri doveri di lavoratore dipendente e come mai, in una redazione composta dal triplo dei redattori impiegati nelle altre emittenti locali, si possano cumulare anni di ferie arretrate. Oltre sette mesi sono stati spesi inutilmente nel vano tentativo di salvare posti di lavoro e di risanare in accordo il conto economico dell’azienda; ora non è più tempo di rispondere agli insulti ma di lavorare per garantire la sopravvivenza di Telecolor nel pieno rispetto, con i fatti, della tradizionale linea editoriale».
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