Centro Pio La Torre, via al progetto educativo antimafia Coinvolti anche giovani del Pagliarelli e dell’Ucciardone

Il progetto educativo antimafia e antiviolenza organizzato dal Centro Studi Pio La Torre, giunto alla sua tredicesima edizione, è rivolto agli studenti delle ultime tre classi delle scuole di secondo grado. «La novità di quest’anno è che abbiamo aumentato la platea che segue il progetto – racconta Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi Pio La Torre – non solo studenti ma anche l’adesione da parte degli studenti carcerati di diverse strutture di reclusione». Tra questi i due carceri di Palermo ( Pagliarelli e Ucciardone) e poi quelli di Augusta, Noto, Enna, Catania, Trapani – ma anche fuori dalla Sicilia, come gli istituti penitenziari di Roma, Alessandria e Pesaro.

«In questi dodici anni abbiamo dialogato con oltre centomila studenti – continua Lo Monaco – e portato avanti l’indagine sulla percezione del fenomeno mafioso. Forniremo diversi strumenti agli studenti, che potranno scrivere contro la mafia e i cui lavori verranno pubblicati sul nostro sito e sulla rivista A Sud d’Europa online in modo tale da contribuire alla loro educazione. Affiancandoci dunque alla scuola, che è l’unica agenzia educativa di questo Paese nonostante le difficoltà che vive quotidianamente dal punto di vista organizzativo e contestualmente all’evoluzione tecnologica e comunicativa».

Il progetto ha ufficialmente preso il via questa mattina con una videoconferenza al Teatro Don Bosco Ranchibile di Palermo. Il tema affrontato è La storia della mafia e dell’antimafia: evoluzione dal dopoguerra a oggi. Presente anche una delegazione di studenti francesi. «Volevamo conoscere e approfondire le diverse tematiche legate alla mafia – racconta Sebastien Delelis, insegnante di Storia e Geografia al Lycée Budé Limeil Brévannes – un grande problema dell’Italia per poi comprendere i percorsi di legalità attuati. Negli anni siamo stati gemellati con una scuola palermitana, l’ITET Marco Polo».

Gran parte dei francesi sembra che abbia una visione del fenomeno mafioso vecchio stile. «È una mafia stereotipata – racconta Christine Corsini, insegnante di italiano al Lycée Budé Limeil Brévannes – con il film Il Padrino o Gomorra e anche sul tema del pizzo ritengono che sia facilmente visibile ma non è così. Hanno un’idea del mafioso vestito elegante con un codice d’onore determinato e che segue dei rituali, una persona prepotente che controlla il territorio». Accanto a questa visione antica che supera i confini italiani, si affianca la visione dei ragazzi che frequentano alcune scuole palermitane. «In passato la mafia era legata alle stragi e alle bombe – sottolinea Andrea Cambuca, allievo del Liceo Pio La Torre – è cambiata è subdola, adesso c’è la richiesta del pizzo. Il pensiero di aprirmi un negozio e subire pressioni mi mette terrore anche se capisco che il cambiamento passa da noi e dai nostri comportamenti».

E un compito educativo, al di là della semplice divulgazione, è quello trasmesso dallo storico Salvatore Lupo, docente all’Università di Palermo: «È successo che la mafia è cambiata ma anche che l’antimafia si è infiltrata con lo Stato e quindi una fase storica è finita e tutti dovrebbero riposizionarsi rispetto ai cambiamenti. L’antimafia certamente la fa ognuno con la propria professione, io insegno storia e racconto la realtà. Poi ci sono i flussi di opinioni pubblica che devono aumentare il senso civico e poi ci sono le istituzioni deputate a far questo. Ritengo che la retorica sia nociva e che la cittadinanza non ha bisogno di eroi ma di senso del limite e del rispetto della legge da parte di tutti. L’opinione pubblica è drogata dall’idea che aumentare il carcere risolva tutto, invece prima di tutto sono necessari la cultura e il rispetto della legge».

Ambra Drago

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