Centri sociali: brutti, sporchi e cattivi

‹‹“Brutti, sporchi e cattivi” è un seminario formativo per gli studenti intenzionati a conoscere il mondo dei centri sociali, indipendentemente dall’essere simpatetici o meno con l’argomento››. Così Gianni Piazza, prof. di Scienza Politica e organizzatore dei lavori, introduce il discorso su una realtà parecchio complessa e stigmatizzata.

Si è trattato di lezioni teoriche, organizzate in gruppi e in aula, e di lavoro pratico svolto a casa, il cui obiettivo è stato dare agli studenti ‹‹gli strumenti di conoscenza sia da un punto di vista di dati sia per l’individuazione delle categorie concettuali e analitiche per interpretare il fenomeno dei centri sociali in Italia››.

Il compito dei partecipanti è stato di analizzare i siti web e le attività dei centri (circa duecento) e di intervistare anche qualche attivista. ‹‹E’ un modo per vedere come gli studenti riescono a cimentarsi nell’applicazione pratica – continua Piazza – attraverso un mini lavoro di ricerca empirica che riguarda ciò che hanno studiato teoricamente in un corso base di Scienza Politica. L’attività in gruppi, inoltre, spezza la linea “studente-docente” per favorire quella “gruppo-docente”››.

L’idea di questo lavoro empirico è nata, per caso, dallo sgombero dell’Experia, il centro popolare occupato dell’Antico Corso a Catania?

‹‹In seguito alla mobilitazione, e non allo sgombero dell’Experia, molti dei ragazzi che non conoscevano questo ambito – i cosiddetti non attivisti – volevano approfondire un fenomeno sì complesso e sfaccettato››.

‹‹Chi anima questi centri sociali? Qual è la loro storia? Perché si sono formati?››. Queste le domande cardine del seminario, durante il quale Piazza compie un excursus storico di un fenomeno importantissimo nella storia ideologica del nostro Paese.

Il prof. fa una ricostruzione delle linee evolutive e dei mutamenti, tra gli svariati centri sociali, e delle differenze con i centri popolari, spazi pubblici, centri autogestiti e altri. La storia dei centri sociali affonda le radici negli anni ‘70 e rappresenta solo un piccolo tassello di un ben più complesso movimento anti-istituzionale che ruota sul concetto di autonomia come ‹‹indipendenza della classe operaia dall’organizzazione capitalistica del lavoro e della società; e come indipendenza dalle organizzazioni del movimento operaio, sintetizzati nel rifiuto “del lavoro”, della delega e della rappresentanza formale al sistema partitico e alla democrazia rappresentativa››.

Ma questo sistema di lotta anti-istituzionale si è evoluto negli anni con diverse sfaccettature difficili da tipizzare.

Scandire ad oggi in Italia una tipologia dei centri sociali, gruppi e organizzazioni “dal basso” (comitati, collettivi, sindacati di base, etc.) non è così facile, ‹‹perché si tratta di un “work in progress” e i network di appartenenza sono troppo fluidi e instabili, infatti si dissolvono in modo veloce››.

Gli studenti di questo seminario, però, hanno provato lo stesso ad analizzare e a classificare i centri italiani attuali tra Anarchici e Libertari; ex-Disobbedienti; Antagonisti (Autonomi e Antimperialisti); Leninisti; Comunisti Rivoluzionari; Non-Affiliati/Allineati. Raccontandone un po’ la storia e anche le vicissitudini che devono affrontare ogni giorno per sopravvivere.

link utili:

 

http://www.infoaut.org/

http://www.ecn.org/index1.php

http://italy.indymedia.org/

http://www.informa-azione.info/

http://www.pane-rose.it/

http://www.globalproject.info/

 

 

 

 

 

Stefania Oliveri

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