Cavalli, il redditizio business della zoomafia Catania tra corse clandestine e scommesse

Doping, maltrattamenti e soldi. Molti soldi. Quelli delle scommesse sulle corse clandestine, ma anche quelli della vendita della carne da macellazione abusiva. Sono gli elementi del business del cavallo, uno tra i più redditizi e tradizionali della zoomafia. Un fenomeno per lo più sommerso e in continua evoluzione. Poche le segnalazioni alle forze dell’ordine, che cercano di adeguarsi: intensificando i controlli alla ricerca delle stalle abusive. Inizio di tutta la filiera criminale. Nel 2011 in Italia, secondo i dati diffusi dalla Lega anti vivisezione (Lav), sono state bloccate solo sette corse clandestine. Meno rispetto all’anno precedente. Ad aumentare sono state invece le persone denunciate179 lo scorso anno, di cui 57 arrestate per reati connessi – e i 94 cavalli sequestrati. Numeri che però, paragonati alle decine di video di competizioni tra equini non autorizzate che circolano su Youtube, rendono l’idea di come ad essere raggiunta dalla giustizia sia solo la punta di un grande iceberg.

Soprattutto a Catania. Dove il vice-simbolo dell’elefante che troneggia in piazza Duomo potrebbe benissimo essere un cavallo. Nel 2011 la procura etnea ha aperto quattro procedimenti penali per uccisione di animali nei confronti di persone note e 36 contro ignoti, con quattro indagati. Trenta gli indagati per maltrattamento di animali, un numero tra i più alti d’Italia, così come gli altrettanti – più uno – accusati di spettacoli e manifestazioni vietate. Nessun combattimento o competizione non autorizzata almeno a giudicare dai fascicoli. E non è un caso. Sono in aumento, infatti, le corse a cronometro: un solo cavallo in corsa, il cui tempo viene poi cronometrato e paragonato con gli altri. Un solo animale per la strada, nessuna competizione tra animali, punita dalla legge se clandestina. Come lo sono tutte le gare non segnalate alla federazione italiana sport equestri oppure sottoposte all’autorizzazione di una apposita commissione comunale.

Corse abusive così come le scommesse, consistenti, che girano attorno a questo business. Sempre criminale, spesso organizzato. Ad ammettere la presenza mafiosa nelle competizioni clandestine tra equini è la stessa Direzione investigativa antimafia. Tra gli interessi di Cosa nostra ci sono «sia la gestione delle scommesse presso i punti Snai – scrive la Dia – sia la gestione delle stesse corse, che possono essere influenzate da accordi occulti tra scuderie, da atteggiamenti minatori verso i fantini o dalla pratica del doping sugli animali». Un’evidenza non sempre scontata. A volte, infatti, gli animali vengono scoperti per caso. «Capita che la polizia effettui una perquisizione alla ricerca di armi e droga e poi trovi i cavalli», racconta Sebastiano Palmeri, dirigente dell’Asp veterinaria etnea che collabora con le forze dell’ordine in caso di controlli e sequestri. Una vera e propria passione se, tra i beni sequestrati a fine marzo 2011 a Salvatore Seminara di Mirabella Imbaccari, ritenuto il capo provinciale di Cosa Nostra, tra appartamenti e altri immobili figurano proprio allevamenti di buoi e cavalli. Un bene di lusso che, secondo Legambiente, costa allo Stato tra i 300 e gli 800 euro al mese per ogni cavallo sequestrato. Senza considerare le spese veterinarie.

«Prima arrivavano diverse segnalazioni di corse clandestine, soprattutto dalla zona di Palagonia – dice Giovanni Signer, capo della squadra mobile di Catania – Adesso non ne riceviamo più nemmeno una». Eppure i racconti di carretti che sfrecciano all’alba al faro Biscari, nella zona Sud della città, corrono di bocca in bocca tra i cittadini. E nelle immagini dei video su Youtube. Solo ogni tanto vengono scoperte. Soprattutto se fuori città. Come a maggio dello scorso anno, quando i carabinieri di Trecastagni hanno identificato più di dieci cocchieri diretti verso il paese etneo durante la festa di Sant’Alfio, in cui il rumore degli zoccoli su strada è ormai tradizione. Oppure il primo aprile, quando i Carabinieri di Nicolosi sono intervenuti per far tornare pubblica una strada – la provinciale 92 dell’Etna – ormai diventata un ippodromo abusivo per pochi intimi, circa una cinquanta di persone. Le automobili bloccavano il traffico, due cavalli si preparavano a sfidarsi.

Pochi casi noti, ma sintomatici. Tanto da spingere, nel 2007, l’allora senatore di Rifondazione comunista Salvatore Bonadonna a presentare un’interrogazione parlamentare ai ministri dell’Interno Giuliano Amato e dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio sulla «preoccupante espansione della zoomafia nel catanese». Una richiesta sull’onda dei fatti di cronaca: a luglio di quell’anno, infatti, «un equino viene ritrovato agonizzante accanto ai cassonetti della spazzatura». L’anno prima un altro cavallo viene lapidato la notte di San Lorenzo alla spiaggia libera numero uno della Playa catanese. Forse per vendetta nel giro delle competizioni abusive, ipotizzano allora gli investigatori. Tutti casi che, secondo Legambiente, ancora oggi «confermano come il vero centro nazionale delle corse clandestine sia la Sicilia». E la storia prosegue: all’interno delle stalle abusive, fino agli arrusti e mangia cittadini. Tra scarsi controlli e difficoltà burocratiche.


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