Caterpillar, 11 arresti tra ladri di bancomat e negozi Anche il padre del bimbo nei cartelloni «Cosa nostra»

L’anno scorso provava a spiegare ai giornalisti il suo gesto, ma oggi finisce in manette per associazione a delinquere. Francesco Rapisarda è l’autore dei contestati cartelloni usati per promuovere il battesimo del figlio con la frase «Questa creatura è Cosa nostra». Adesso è destinata a lui una delle 11 misure cautelari inoltrate dalla procura di Catania nei confronti dei componenti di una banda organizzata di rapinatori seriali. Contestata l’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio. Cinque gli arresti domiciliari mentre per i restanti sei è previsto il carcere. 

Le manette sono scattate ai polsi di Giovanni Costanzo, capo del gruppo soprannominato «l’asso», Mario Cantarella, Rosario Fichera, Sebastiano Leonardi, Fabio Longo, Camillo Costanzo, Orazio Mangano, Giuseppe Greco, Gianluca Cosentino, Sebastiano Granata e, appunto, Francesco Rapisarda. A precisare che si tratta di un volto mediaticamente noto è il commissariato di Caltagirone. Era il 19 settembre 2015 quando il caso dei manifesti sul battesimo, sollevato da MeridioNews, diventa di carattere nazionale e causa l’intervento della questura etnea, che ne dispone la rimozione. Il figlio di Rapisarda era ritratto in abito bianco e con la coppola in testa.

«Le indagini – spiega Alessandra Tasciotti, magistrata titolare dell’inchiesta – sono partite nell’aprile del 2015 quando, lavorando su un’altro caso, abbiamo rilevato uno degli episodi più eclatanti: un furto con escavatore al distributore Sp di Giarre». Il colpo, in quel caso, ha portato nelle casse dei criminali circa 30mila euro. «Da lì – continua Tasciotti – sono maturati gli elementi che hanno permesso di ricondurre all’associazione tutti gli altri episodi». Gli inquirenti fanno riferimento a cinque casi accertati, tre riusciti e due no: la «spaccata» al supermercato A&O di Aci Catena del 24 maggio 2015, l’effrazione ai danni del rifornimento di carburante Eni di Belpasso del 7 giugno 2015, e i tentati furti aggravati alla Esso di Mineo del 14 giugno 2015 e all’ufficio postale di Lavinaio del 21 giugno 2015.  

Obiettivo principale dei rapinatori erano bancomat e casse continue installate nei supermercati, ma non solo. Particolarmente colpiti anche gli accettatori di banconote dei rifornimenti di carburante. «Il modus operandi utilizzato era particolarmente cruento ma anche ben organizzato», racconta Giovanni Marziano, commissario di polizia di Caltagirone. Per forare le casse automatiche dei distributori, gli uomini della banda utilizzavano le stesse motoseghe che i vigili del fuoco hanno in dotazione per gli interventi d’emergenza. Per le casse continue e i bancomat, invece, veniva usata una ruspa portata sul posto con mezzi pesanti rubati, che, come spiega il procuratore capo Michelangelo Patané, «gli associati utilizzavano per demolire le pareti delle banche per rubare il denaro contenuto nelle casseforti». 


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