Il sindaco di Messina dovrà rispondere per false fatturazioni da un milione e 700 mila euro, nell'ambito dell'inchiesta sulla Federazione nazionale piccoli imprenditori. I magistrati ritengono che dal Caf siano stati trasferiti dei costi alla Fenapi per operazioni inesistenti
Cateno De Luca rinviato a giudizio per evasione Prosciolto da accusa di associazione a delinquere
Rinviato a giudizio per evasione fiscale il primo cittadino di Messina, Cateno De Luca. La decisone del gup Simona Finocchiaro è stata presa nel corso dell’udienza preliminare che vedeva il neo sindaco accusato di evasione fiscale nell’ambito dell’inchiesta sulla Fenapi.
De Luca dovrà rispondere per false fatturazioni dell’ammontare di un milione e 700mila euro, nell’ambito dei rapporti tra la Federazione nazionale piccoli imprenditori (Fenapi) e il Caf a essa collegata: nello specifico, magistrati e guardia di finanza ritengono che dal Caf siano stati trasferiti dei costi alla Fenapi per operazioni inesistenti, il tutto con l’intento di sfruttare il regime fiscale agevolato che spetta all’associazione.
Lo scorso novembre per questa accusa era scattato il suo arresto ai domiciliari, pochi giorni dopo che lo stesso era stato eletto deputato regionale. Il gip ne aveva poi disposto la scarcerazione. La decisione del magistrato è arrivata alle 17 dopo una lunga camera di consiglio. Il gup ha anche deciso di prosciogliere De Luca da una contestazione di evasione di circa 30mila euro e dalla contestazione di associazione a delinquere.
Regge invece l’impianto accusatorio e, quindi, tutte le altre contestazioni di natura fiscale, riguardanti un’evasione estesa fino al 2013. Il neo primo cittadino di Messina sarà giudicato il prossimo giugno 2019. Il rinvio a giudizio arriva come una doccia fredda per De Luca, da un mese alla guida della città dello Stretto. «Lasciate lavorare una persona onesta per ripulire i verminai messinesi», è la sintetica dichiarazione di De Luca. Alle 7,30 di stamattina De Luca aveva invece incassato la sentenza della Cassazione che ha ritenuto inammissibile il ricorso della procura sul dissequestro dei beni e sull’interdizione ad amministrare società.
Gli avvocati difensori Carlo Taormina e Tommaso Micalizzi, adesso, scrivono in una nota congiunta che «oggi il giudice dell’udienza preliminare si è stranamente allineato alla decisione della Corte Suprema di Cassazione assolvendo De Luca e gli altri imputati da tutti i reati, ma con sorprendente mancanza di rispetto del massimo organo giurisdizionale ha ritenuto che si debbano fare approfondimenti dibattimentali in ordine ai computi della spese sostenute per il personale in prestito e per il mantenimento delle sedi dal Caf Fenapi, senza alcuna ipotesi di distrazione di somme per fini personali da parte degli indagati – si legge – nonostante si tratti di questioni non più configurabili come reati in base alla recente riforma fiscale del 2015. Il risultato di questa operazione è la persistenza dell’attacco giudiziario nei confronti del sindaco di Messina».
«Di fronte a tanta e intollerabile insistenza nella persecuzione penale del sindaco De Luca – scrivono ancora gli avvocati – è venuto il momento della soluzione finale in presenza di uno scontro tra politica e giustizia che impedisce il minimo tasso di imparzialità di giudizio. Va notato, tra l’altro, che le decisioni odierne certificano la illiceità dell’arresto subito dal sindaco De Luca infertogli dopo solo due giorni dalla elezione a deputato regionale e oggi, dopo soltanto quindici giorni dall’elezione a sindaco di Messina, lo si infanga inammissibilmente, come dichiarato dalla Corte di Cassazione che risulta assolutamente irrisa da un giudice dell’udienza preliminare, impiccandolo con un rinvio a giudizio che grida vendetta per abnormità».
Il sindaco De Luca ha già preannunciato istanza di rimessione alla Corte Suprema per legittimo sospetto con «particolare riferimento allo scontro con il procuratore generale di Messina Vincenzo Barbaro, pluridenunziato dal sindaco e, allo stesso tempo, denunziante nei confronti dello stesso De Luca». Alla procura generale della Corte di Cassazione, al ministro della Giustizia e al consiglio superiore della magistratura, De Luca chiede di accertare «l’esistenza di illeciti disciplinari nei confronti del Gup, in quanto non ossequiente alle decisioni della Corte Suprema e per aver disposto il rinvio a giudizio per fatti depenalizzati e di sola rilevanza amministrativa-tributaria. O se, comunque, per questo giudice e per il procuratore generale non vi siano le condizioni per un trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale».