«In questi anni l’aula24 è stata casa mia, casa nostra, in quelle quattro mura siamo cresciuti tutti; dopo diverso tempo dal progetto del Medialab, abbiamo visto materialmente costruire le pareti vetrate di Radio Zammù».
Inizia così il post di Valeria Arlotta intitolato semplicemente Zammù… Mentre ancora si aspetta una risposta ufficiale dal Rettore Antonino Recca sulla nuova gestione della radio d’ateneo e sul silenzio che ha accompagnato tutta l’operazione, la voce la tirano fuori i ragazzi che in questi sei anni sono stati Radio Zammù.
Nei primi tempi «Polvere, caldo, un ventilatore vecchio che rinfrescava le nostre dirette. – ricorda Valeria – Alla fine, avevamo anche i divanetti e un minifrigorifero. Tutte le pause caffè alle macchinette, le veloci pause sigaretta, i discorsi, le incomprensioni, le riunioni, le riappacificazioni, gli abbracci, le amicizie e anche gli amori più o meno “fortunati”».
«Quante volte a ripetere il significato del nome della radio… “Ma cosa vuol dire Zammù?”, e via con la solita infinita spiegazione di cinque minuti a tutti quelli che ce lo chiedevano. Quanta musica, quanti programmi, quante trasmissioni, quante persone e amici hanno passato le loro giornate davanti a quei microfoni. Quante telefonate, quante interviste, radiogiornali, dirette organizzate in esterna, i Fru in tutta Italia, il sostegno sempre presente di RadUni… Eravamo partiti con niente, poi con poco ed in seguito siamo arrivati a qualcosa di meravigliosamente inimmaginabile. Qualcosa di inaspettato. Abbiamo vissuto e condiviso 6 anni e più della nostra vita con entusiasmo. Forse quelli più importanti, quelli dell’università, della formazione accademica, fatti di speranze, promesse, desideri, immersi in mille difficoltà da cui districarci ogni volta».
«Improvvisamente ci hanno sfrattato, siamo finiti nel nulla senza sapere perché, dopo due mesi di ipotesi, domande a cui non abbiamo mai ricevuto alcuna risposta. Adesso siamo immersi solo in un mare di ricordi tutti nostri.
Dopo i miei 3 anni e mezzo fuori, lontana da Catania, ero tornata in questa città per riappropriarmi di questi ricordi e fare in modo di portarli avanti insieme a tutto il resto delle aspettative future.
Adesso la sensazione di gran parte dei miei amici è “voglio andarmene via, Catania è una città di merda”. Tornare con la convinzione di restare e sentire da tutti questa frase è un altro colpo al cuore, qualcosa di veramente doloroso, che ti toglie l’aria».
Ma, Valeria – dopo aver fatto professione d’odio contro chi ha permesso “lo scempio” di Zammù – non si perde d’animo: «Da domani come sarà tutto? Una volta pensavo: “se non ci fosse l’aula24 in quale altro luogo potrei andare?”. E’ accaduto. Ricostruiremo altrove, continueremo, dobbiamo farlo per noi, per Catania, per chi ci ha ascoltato finora e per chi ci ha spronato sempre ad andare avanti senza mollare».
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