Giovanna è catanese e anni fa si è trasferita in Norvegia. Adesso, per un lavoro, le hanno chiesto il casellario giudiziale. Per la richiesta del documento, si è informata tramite email con l'ambasciata, il consolato e la questura etnea. Ma se gli altri due enti hanno risposto, gli uffici catanesi hanno latitato
Catania-Bergen, lunghe attese per certificati «Dopo 15 giorni, ho mandato i miei genitori»
Se vivi all’estero e hai bisogno di un certificato l’unica speranza è che ci pensino i tuoi genitori. Giovanna ha 31 anni e vive a Bergen, in Norvegia, da alcuni anni. È nata, è cresciuta e ha studiato a Catania, ma a maggio 2012 ha lasciato l’Italia per via di un’offerta di lavoro in Polonia. Finita quell’esperienza, ha scelto di rimanere lontana da casa. Adesso si è stabilita nella cittadina norvegese e ha trovato un impiego come assistente in un asilo. «Mi servono i certificati della polizia italiana e della polizia norvegese che attestino che non ho carichi pendenti e che non ho problemi con la legge. Dopo aver ricevuto il documento tradotto e con le marche da bollo, lo devo inviare in ambasciata. Che ufficializza tutto coi suoi timbri e me lo rimanda indietro», spiega lei. Un procedimento già lungo, che si è scontrato con la confidenza con le email della questura di Catania. «Non mi hanno mai risposto», continua Giovanna.
Dopo 15 giorni senza risposta, Giovanna ha chiesto al padre di andare in questura. «È andato con la procura universale firmata dal notaio, ma gli hanno chiesto una delega firmata – racconta la donna – Paradossalmente mio padre potrebbe chiudermi il conto in banca e vendere casa a mio nome. Ma per avere un documento quella non bastava». E, aggiunge, «alla mia email non avevano risposto perché non era arrivata da un indirizzo certificato. Eppure che servisse la posta certificata non era scritto da nessuna parte». Nel frattempo, l’ambasciata italiana a Oslo e il consolato di Bergen le danno alcune informazioni, sempre tramite email. «Mi hanno spiegato che avrei potuto ricevere quei certificati tradotti chiedendoli in tribunale». «Insomma, dopo aver atteso una risposta dalla questura ho fatto muovere i miei genitori», afferma Giovanna.
In tre giorni, suo padre riesce a farle avere i documenti che le servono per iniziare il lavoro. Dopo 15 giorni di attesa per avere una risposta, anche solo a titolo informativo, per iscritto. «Mettiamola così – dice – è stata colpa mia che non ho una casella di posta certificata. Perché usando un indirizzo email normale possono non leggere o non rispondere, o entrambe le cose». Una burocrazia da cui però neanche la Norvegia è immune: «In questo caso, io devo chiedere l’attestato di polizia norvegese – conclude – Qui quasi tutto si fa via internet. Che ci vuole, direte? Nulla, se sei norvegese. In possesso di un codice fiscale norvegese hai diritto a un identificativo bancario. Un numero che serve a creare una sorta di indirizzo email di posta certificata. Ma senza codice fiscale norvegese questo identificativo non puoi averlo. Quindi io sono costretta a fare tutto tramite posta normale». In conclusione? «Ci vuole pazienza, enorme pazienza».