Castiglione, arrestato dirigente assenteista L’accusato: «Qualcuno vuole farmi fuori»

Stamattina è tornato a lavoro, dopo essere stato arrestato per truffa aggravata e falso ideologico ai danni dello Stato. Perché lui, secondo la guardia di finanza di Catania, in ufficio non si faceva vedere che per timbrare il cartellino all’orario di ingresso a lavoro e ritimbrarlo all’orario di uscita. Per tutto il resto del tempo, Pietro Scavo, 60 anni, capo dell’ufficio tecnico del Comune di Castiglione di Sicilia, stava in giro, «magari facendo la spesa», dicono le Fiamme gialle. L’hanno pedinato, filmato con delle telecamere, fotografato, e alla fine, giovedì scorso, l’hanno  fermato a casa sua, a Mascali, mentre avrebbe dovuto essere in ufficio.

«Sono l’unico dirigente degli uffici tecnici, mi occupo di tutto: urbanistica, lavori pubblici, ecologia, protezione civile, verde pubblico e pure cimiteri», afferma Scavo, proprio dall’ufficio all’interno del quale, per tutta la durata delle indagini, avrebbe passato troppo meno tempo rispetto al dovuto. «Ma nessuno racconta che il Comune mi deve 250 giorni di ferie e che negli ultimi due anni non mi sono assentato nemmeno per un giorno di malattia», si accalora. Certo, un record così timbrando il tesserino e dandosela a gambe non è difficile da ottenere, «Peccato che io sia un dirigente – si difende – e non ho nessun tesserino da timbrare». Le accuse che gli contestano, «non stanno né in cielo né in terra». A dimostrarlo, secondo lui, l’ordinanza di scarcerazione emessa dal giudice per le indagini preliminari dopo averlo sentito. Ma il procuratore etneo Alessandra Tasciotti, che da novembre segue il caso di Scavo, precisa: «L’arresto è stato convalidato, solo che l’uomo non deve scontarlo in prigione». In più, ha l’obbligo di firma ogni giorno alle 18. E il procedimento, se andasse avanti, porterebbe il dipendente comunale sotto processo. A causa di quell’assenteismo che la Guardia di Finanza avrebbe provato con i suoi pedinamenti, partiti tra ottobre e novembre 2011 e finiti nei giorni scorsi.

«Stanno tentando di farmi fuori», sostiene l’accusato. «Un mese e mezzo fa mi hanno aggredito in mezzo alla strada – racconta – venti giorni dopo hanno bruciato l’auto di mia moglie nel garage condominiale». «Abbiamo cominciato a indagare dopo alcune segnalazioni», ammette Tasciotti. «È l’ennesima intimidazione: ho fatto un’ordinanza di demolizione nei confronti di un parco fotovoltaico abusivo grande 12mila metri quadrati, del valore di 20 milioni di euro, più i due milioni di contribuiti statali annui». Pietro Scavo è convinto di aver toccato interessi troppo grossi, «e adesso me la stanno facendo pagare». La storia delle minacce e della demolizione, però, né procura né guardia di finanza sanno che esista. Per loro il punto è uno: «A lavorare non ci andava, pur percependo lo stipendio dalla pubblica amministrazione». Preferiva stare tra le mura domestiche piuttosto che tra quelle dell’ufficio. Dev’essere per questo che all’operazione che ha portato al suo arresto gli inquirenti hanno dato il nome di «Casa dolce casa».

[Foto di Matteo Paciotti]

Luisa Santangelo

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