Castello Ursino, in mostra cento anni di arte siciliana Sgarbi inaugura Artisti di Sicilia da Pirandello a Iudice

«È la mostra più vasta concepita su un tema così ampio come il Novecento siciliano che, in larga parte, è il Novecento italiano». Con queste parole Vittorio Sgarbi, critico d’arte e curatore della mostra itinerante dal titolo Artisti di Sicilia da Pirandello a Iudice, presenta l’esposizione in un Castello Ursino finalmente fruibile al pubblico. Il capoluogo etneo ospiterà, infatti, la mostra a pagamento fino al 16 marzo, quando poi verrà spostata a Bruxelles, Londra e infine New York. «Nonostante non ci sia nessuna adesione affettiva da parte della popolazione catanese o di qualunque altra città nei confronti dell’arte contemporanea, e nonostante l’allestimento minimalista che è stato attuato probabilmente per risparmiare – afferma Sgarbi -, la mostra è straordinaria e forse proprio per queste ragioni ancora più di valore diffuso».

Artisti di Sicilia da Pirandello a Iudice nasce da un’idea di Gianni Filippini che per la realizzazione del progetto si è avvalso della direzione artistica di Giovanni Lettini e di quella creativa di Sara Pallavicini. Nei quattro livelli del castello di piazza Federico II di Svevia le opere di pittori, scultori e fotografi – dagli anni ‘30 a oggi – si mischiano alle collezioni del museo ricche di ceramiche greche del V secolo avanti Cristo. Lungo un percorso «che non può durare meno di tre ore e che vi proporrà bellezze classiche insieme a schifezze del Novecento, proverete una confusione dei sensi», scherza il critico. Che prende di mira con chiara ironia Orazio Licandro, l’assessore alla Cultura di palazzo degli Elefanti. «Il caro Orazio che si occupa della Bellezza condivisa, e quindi ammessa da tutti, si dirà “Ma io qui non c’entro un cazzo, visto che l’arte contemporanea è la cosa più lontana dalla condivisione unanime”», ironizza Sgarbi. Che torna serio e invita il pubblico a fare una lunga passeggiata tra l’antico e il contemporaneo.

Per Filippini non si può parlare semplicemente di mostra, ma di «assoluto manifesto culturale» e di un «lavoro titanico che raccoglie e rende fruibili quasi 400 opere d’arte». Nelle sale del Castello sono esposti infatti capolavori che vanno dai quadri dei maestri più antichi – come Francesco Trombadori e Fausto Pirandello -, a quelli dei futuristi e del mondo contemporaneo. Ci sono lavori firmati da artisti del calibro di Renato Guttuso e Piero Guccione, di Casimiro Piccolo ed Emilio Greco, di Fulvio Di Piazza e Francesco De Grandi, e le installazioni di Pietro Carriglio, solo per fare alcuni esempi. Ai quali si aggiunge una sezione espositiva per i giovani talenti siciliani, allestita presso palazzo della Cultura. «Abbiamo pensato di dare spazio anche ai freschi artisti che raccontano il mondo di oggi e – spiega Filippini – li abbiamo trovati grazie al lavoro svolto insieme all’accademia di Belle arti di Catania». Un esempio «di importante sinergia tra il mondo dell’arte, dell’accademia e dell’amministrazione cittadina», commenta il direttore dell’accademia Virgilio Piccari. Che avverte: «Se il messaggio del Comune è quello di dare spessore culturale alla città di Catania, dopo questa mostra non potrà più tornare indietro».

E pare che nelle volontà dell’assessorato retto da Licandro l’idea sia quella di mantenere «un profilo alto di eventi culturali di un certo tipo, sfruttando anche gli spazi del Castello Ursino ora a disposizione», commenta l’assessore ai Saperi. Che annuncia: «A gennaio verrà inaugurata la personale del pittore Antonio Santacroce, a marzo si aprirà una mostra con 170 opere di Pablo Picasso e – continua -, a maggio avremo pittori e scultori della Biennale di Venezia». «Stiamo già pensando di fare di Artisti di Sicilia una sorta di brand che possa investire anche altre forme di arte come la letteratura e il cinema», spiega l’ideatore. Che aggiunge come si stia pensando di far nascere un museo dalla mostra, dopo che essa abbia concluso il suo giro intorno al mondo. E sull’eventuale città ospitante afferma: «Sbaglio o Catania ha tanti bei palazzi vuoti? Perché non li riempiamo?». Licandro accoglie l’invito con cautela: «Saremmo onorati ma la questione va valutata».


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