Casteldaccia, la disperazione di un sopravvissuto «Se c’era pericolo, perché non c’hanno avvertito?»

 «Se c’era questo pericolo, perché non ci hanno avvertito?». È disperato Giuseppe Giordano, uno dei sopravvissuti della tragedia che ha colpito ieri notte a Casteldaccia due famiglie tra loro imparentate, provocando nove morti. L’uomo ha perso la moglie, i due figli e altri parenti: «Sono rimasto aggrappato per più di due ore e mezzo a un albero – prosegue piangendo Giordano – e gridavo per chiedere aiuto per i miei familiari. Ma ho perso tutto. Sono un uomo disperato».

Una folla commossa e silenziosa si è raccolta davanti alla camera mortuaria dell’ospedale Policlinico di Palermo, dove sono state trasferite le salme. Presente anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, al quale i familiari delle vittime hanno chiesto che i funerali siano celebrati in cattedrale. Molti in paese sapevano della situazione di criticità della zona in cui si trovava la villetta, in contrada Dogali Cavallaro, vicino al fiume, già esondato in passato, ma senza provocare molti danni. Così probabilmente nessuno si aspettava una tragedia simile.

Il procuratore di Termini Imerese Ambrogio Cartosio ha aperto un’inchiesta anche per valutare l’eventuale violazione del vincolo che impedisce di costruire entro i 150 metri dal fiume. Intanto al Policlinico continuano ad arrivare senza sosta moltissime persone: giovani, anziani, parenti, conoscenti delle vittime o chi semplicemente ha saputo della tragedia e ha deciso di mobilitarsi in segno di solidarietà. Molti sono amici del 15enne rimasto ucciso nella villetta. A farla da padrona è la disperazione più totale. Tutti sono increduli e inconsolabili.


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