Ieri pomeriggio, la commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare siracusano Emanuele Scieri ha ascoltato per oltre due ore e mezza i medici legali che avevano redatto le consulenze dopo l’autopsia sul corpo del parà morto il 13 agosto del 1999 nella caserma Gamerra di Pisa.
«Abbiamo ritenuto necessario ascoltare sia uno dei consulenti di parte della famiglia, il dottor Giuseppe Bulla, sia il medico legale allora incaricato dalla Procura della Repubblica, il professor Luigi Papi – ha spiegato la presidente della commissione, Sofia Amoddio – perché, in sede di audizioni, è venuta fuori l’esigenza di comprendere se le cause della morte del militare sono dovute effettivamente e solamente a una caduta dall’alto, cioè dalla scala dove sarebbe stato costretto ad arrampicarsi, oppure se alcune delle lesioni riscontrate sul corpo è possibile che siano riconducibili ad altre cause».
Lesioni alle mani, alle nocche delle dita e al piede sinistro, fratture alla colonna vertebrale e fratture multiple delle costole. In tutto sono 20 le lesioni classificate sul corpo di Emanuele Scieri ritrovato, tre giorni dopo la morte, in avanzata fase di decomposizione. Il punto sul quale c’è piena convergenza fra i due consulenti è che la causa della morte è dovuta alle gravi lesioni dopo la caduta e l’impatto sul dorso.
«Siamo d’accordo sulle cause della morte, ma non concordiamo sul fatto che l’impatto del corpo sia avvenuto direttamente al suolo – ha precisato il consulente per le persone offese – noi riteniamo, infatti, che sia avvenuto sui tavoli che erano posti a sinistra della scala». Il medico legale Papi ha precisato che «in un contesto particolare come quello in cui si sono verificati i fatti, è difficile dare una interpretazione univoca a certe lesioni». E le lesioni a cui si fa riferimento sono in particolare quelle alle mani e al piede sinistro. Per quanto riguarda le lesioni a entrambe le mani, queste avevano la particolarità di essere concentrate nelle ultime tre dita – medio, anulare e mignolo – e di essere in posizione simmetrica. «Altra particolarità sono dei lembi cutanei che si sono formati e la nostra interpretazione più plausibile – ha spiegato Papi – è che si siano prodotti a seguito dell’impatto dopo la caduta perché la forza di contusione e di sfregamento che le ha determinate era diretta dalla punta delle dita verso il polso». Secondo il medico legale della famiglia, però, questa interpretazione sarebbe «contraria alla logica perché la forza di gravità, in caso di caduta, agirebbe inevitabilmente in direzione contraria, dal polso verso le estremità delle dita. Questo tipo di lesione – ha aggiunto – trova, invece, una spiegazione esauriente nell’ipotesi di lesioni prodotte volontariamente poggiando, premendo e spingendo con uno scarpone sulle dita delle mani, che erano appoggiate agli anelli della scala, al fine di fare perdere la presa».
Al momento del ritrovamento, Scieri indossava solo la scarpa destra slacciata, mentre la sinistra è stata ritrovata, anch’essa slacciata, a circa due metri e mezzo dal corpo. «Le particolari lesioni sul piede sinistro sono state prodotte da un oggetto, come un tirapugni o uno scarpone militare – ha spiegato Bulla – che è stato poi portato via». Per quanto riguarda la posizione in cui è stato ritrovato il corpo «è difficile immagine come, nel corso di una caduta, Scieri possa essere riuscito a infilarsi con la testa sotto quel tavolino e a incastrare il braccio in quella posizione. La nostra ipotesi – ha detto Bulla – è che quella sia la posizione del corpo dopo che è stato afferrato dalla maglietta e dal marsupio e spostato dal tavolino sul quale era avvenuto l’impatto verso il basso».
Il decesso non è stato immediato: il dottor Papi parla di «alcune decine di minuti di agonia» mentre secondo il legale della famiglia, Scieri sarebbe stato agonizzante per molto più tempo, nell’ordine di ore. Carlo Garozzo, amico del militare e membro del comitato Verità e giustizia per Lele, a conclusione dell’audizione, ha riassunto in un post sulla pagina Facebook: «Tesi a confronto e una certezza: Emanuele Scieri poteva essere salvato».
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