Niente quiete dopo la tempesta. La seduta del Consiglio Comunale di Catania dopo l’annuncio della messa in liquidazione della Pubbliservizi ha fatto emergere tutte le divergenze. L’Aula, sostanzialmente, è rimasta a bocca asciutta rispetto alle aspettative. Il commissario straordinario Federico Portoghese è stato piuttosto chiaro: «Non serve fare pubblicità. Le carte erano tutte sbagliate e ho dovuto allineare i documenti. Non sono mai stati forniti i dati reali».
Il Movimento per l’Autonomia aveva chiesto «di adottare ogni misura necessaria e utile alla salvaguardia della Pubbliservizi, alla tutela dei lavoratori e scongiurare il fallimento; di proporre reclamo (il termine scade oggi 14 dicembre); di fornire una relazione scritta sull’intera vicenda fin dal suo nascere». Se da una parte queste sono state le richieste, adesso gli autonomisti esprimono «perplessità rispetto alle decisioni del commissario». Il gruppo a palazzo degli Elefanti ritiene che la “clausola sociale” «non dia le garanzie opportune ai lavoratori e non eviti assolutamente il rischio la Pubbliservizi, società ‘In House’ della città metropolitana di Catania, finisca per essere frazionata in varie cooperative sociali. Queste, di fatto, non garantirebbero i livelli occupazionali».
Per tale ragione si dicono convinti «che alcune decisioni non faranno altro che prorogare l’agonia dell’azienda. In particolare la richiesta di sei mesi di proroga tecnica dal 31 dicembre di quest’anno per comprendere se procedere, con un’altra società partecipata o appalto. Ma anche non aver dato seguito ad alcune proposte che il gruppo Mpa aveva inserito nell’ordine del giorno: come prorogare l’attuale contratto di servizio per l’anno 2023 e rispettare le condizioni poste dal MISE nel provvedimento di autorizzazione al deposito del concordato, ovvero aumentare l’apporto economico a disposizione del concordato di 500.000,00 euro».
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