È lui o non è lui? Questo è stato il dilemma principale che, almeno fino a qualche tempo fa, si è trascinato dietro il processo a carico del giovane eritreo accusato di essere un trafficante di uomini. E nemmeno uno qualunque, no. Il Generale, uno dei più ricercati dalle autorità di mezza Europa, Medhanie Yehdego Mered. È lui quel ragazzo detenuto al Pagliarelli da giugno 2016? Il processo in corso nell’aula della seconda corte d’assise di Palermo sembra da un po’ aver virato su un altro dilemma: è stato davvero un trafficante o no? Accantonando, forse, i dubbi sull’identità. Ma persistono ancora alcuni strascichi che puntano in questa direzione. E un ulteriore contributo, che si aggiunge alle recenti testimonianze volute dalla difesa della moglie e del fratello di Mered e di un cugino del ragazzo detenuto – che dal canto suo ha sempre dichiarato di essere vittima di uno scambio di persona e di chiamarsi Medhanie Tesfamariam Behre – sembrerebbe arrivare dalla perizia tecnica fonica forense a firma dell’ingegnere Michele Vitiello, perito nominato dal giudice Alfredo Montalto che presiede il processo, conclusa il 15 gennaio.
«L’analisi percettiva sulle discrepanze tra saggio fonico e la maggior parte dei progressivi ha evidenziato differenze nella pronuncia di alcune parole – si legge nel documento -. Nello specifico la comparazione ha riguardato la pronuncia della parola “hello”, della parola “heray” e della preferenza dialettale della d rispetto alla z. Rispetto alla parola “hello” è stato possibile fornire alcuni parametri acustici a forte supporto della differenza percettiva riscontrata. Si ritiene che l’analisi delle suddette discrepanze, senza l’utilizzo di ulteriori informazioni, fornisca supporto debole verso l’ipotesi che la voce del saggio fonico e la voce nei progressivi 13, 558, 1213, 2934, 17027, 17782, 17841, 17898 e 18247 siano di persone diverse», scrive l’ingegnere Vitiello. E più avanti: «Sia nel saggio fonico che in alcuni progressivi è presente il saluto “hello”. Questa parola nel saggio fonico viene pronunciata sempre con la e. Diversamente, in tutte le voci anonime in cui la parola è presente viene invece pronunciata con la a, risultando “halo”. In tutti e dieci i casi si percepisce con chiarezza l’utilizzo del suono e». «Tuttavia – prosegue -, è importante precisare che i suddetti elementi non fornirebbero più alcun supporto, risultando pertanto inconclusivi, se fosse noto da altre fonti che l’imputato conosce un dialetto compatibile con quello dei progressivi sopra citati». Il confronto fra il saggio fonico realizzato al Pagliarelli con il detenuto e le intercettazioni registrate in fase di indagine, quindi, sembrerebbe puntare su differenti persone che parlano dialetti diversi. A fronte di un imputato che dichiara di conoscere e saper parlare solo la propria lingua madre, il tigrino.
«Questo va a supportare quello che noi diciamo da sempre. In sei casi si parla di incompatibilità, in tre di inconclusività», osserva l’avvocato della difesa Michele Calantropo. Questi dati sembrerebbero aggiungere insomma un ulteriore tassello alla tesi portata avanti sin dal principio: che la persona attualmente a processo non sia quella intercettata e ricercata. Il perito ha proceduto identificando e isolando la voce dell’anonimo di interesse nei progressivi analizzati (vale a dire le conversazioni captate e registrate nel 2014 e nel 2016); e con l’identificazione e la comparazione di tratti caratteristici dal saggio fonico e dalle voci anonime dei progressivi. Dei 10 progressivi considerati solo sei hanno soddisfatto i requisiti minimi di confronto. «Nonostante i test abbiano prodotto supporto verso l’incompatibilità nella maggior parte delle comparazioni effettuate, si ritiene che l’intero sistema di dati sia soggetto a forte instabilità, tale da intaccare sensibilmente l’attendibilità dei risultati», precisa però il perito nel suo lavoro finale. Tanto che «sulla base di queste motivazioni, si ritengono significativamente distanti solo le coppie di voci che sono risultate significativamente lontane in tutti i test di verifica proposti. Pertanto, basandosi sulle informazioni disponibili, si ritiene che le comparazioni acustiche producano un supporto moderato verso l’incompatibilità» di saggio fonico e tre progressivi, e di altri sei progressivi fra loro. «Diversamente, si ritiene che i risultati sulle altre coppie di parlatori siano da considerarsi inconclusivi».
La voce di un parlatore, come tutte le altre sorgenti sonore, produce suoni che presentano caratteristiche e peculiarità specifiche. La valutazione e l’identificazione, o riconoscimento, di un parlatore non può essere espressa in modo definitivo, per limiti intrinseci dovuti alle caratteristiche del tratto vocale: «È possibile che esistano diverse persone con voci estremamente simili. Pertanto, anche una totale compatibilità tra due tratti vocali non permette di per sé di far corrispondere due voci con certezza assoluta», spiega l’ingegnere Vitiello nella perizia. Ma incidono anche altri fattori non secondari, come lo stato di salute del parlatore, il suo stato emotivo o anche l’interlocutore a cui si sta rivolgendo. «Pertanto, lo stesso soggetto può produrre, in condizioni diverse, tracce vocali sensibilmente diverse. Nonostante i suddetti limiti è però possibile valutare il grado di compatibilità tra le caratteristiche vocali di due soggetti mediante la comparazione delle diverse tracce lasciate dall’apparato fonatorio».
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