L'anziana ha risposto alle domande sulla sera della scomparsa, sull'incidente del figlio, sui rapporti tra i giovani. «A alcune in modo preciso ad altre con genericità», ha fatto notare il presidente. Poi è stato ascoltato il colonnello che ha fatto le indagini nel 2012
Caso Floridia, per la prima volta sentita madre dell’imputato «Ci parlo e spero che Simona torni per scagionare mio figlio»
«Io ho un pensiero solo: mio figlio non ha fatto niente a Simona Floridia, è innocente». La mamma di Andrea Bellia, imputato nel processo per l’omicidio volontario della 17enne di Caltagirone scomparsa dal settembre del 1992 (il cui corpo non mai stato ritrovato) non era mai stata sentita nell’arco di questi trent’anni. Oggi l’anziana – che ha più di ottant’anni – ha deciso di rendere testimonianza nell’aula Serafino Famà del tribunale di Catania. Come ha ricordato il presidente della corte all’inizio dell’udienza, la donna per legge non era obbligata a farlo (proprio in quanto il processo è a carico del figlio) ma avendo scelto rendere la propria deposizione allora si impegna come ogni altro a dire tutta la verità. Un impegno che, più volte, il presidente ha dovuto ribadire all’anziana durante le risposte agli avvocati (Pilar Castiglia per la difesa e Giuseppe Fiorito per la parte civile) e al pubblico ministero. «A molte domande risponde con estrema precisione, mentre ad altre con estrema genericità». Una seconda parte dell’udienza è stata poi dedicata all’esame di Nazareno Santantonio, che quando sono state riaperte le indagini nel 2012 era il comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Catania.
«Sto impazzendo, non riesco a dormire – dice la donna tra le lacrime rivolgendosi anche ai genitori della vittima che erano presenti in aula – Ci è cascato il mondo addosso, dopo questa catastrofe a casa nostra non si ride più. Io ci parlo con Simona che secondo me è viva e la invito a tornare per scagionare mio figlio». Che oggi era in aula e ha accompagnato la madre sotto braccio. La ricostruzione della donna comincia con un balzo indietro al 1992. «Con Mario Licciardi erano intimi, erano amici stretti. Ma questa amicizia è durata finché non è sparita Simona». Ed è proprio da una conversazione intercettata e registrata tra questo amico di Bellia (che è anche l’ex fidanzato di Simona Floridia) con la sua ragazza dell’epoca e oggi moglie Rossella Figura che il caso è stato riaperto a distanza di oltre un quarto di secolo. Un’amicizia che sarebbe finita perché «avrà saputo di Rossella. Mentre lui (Licciardi, ndr) era militare io la trovavo quasi tutti i giorni nella mia casa di campagna con mio figlio da soli. Mi dava fastidio – dice più volte l’anziana – e l’ho anche detto ad Andrea perché sapevo che era fidanzato con Simona Regolo e che lei pure era fidanzata».
Ancora una volta, il fulcro del discorso è l’incrocio di rapporti interpersonali tra i giovani che all’epoca facevano parte della stessa comitiva. Poi ci si è soffermati sulla sera della scomparsa della 17enne, quella del 16 settembre del 1992. Ed è soprattutto questa la circostanza su cui l’anziana fornisce «risposte non credibili dopo così tanto tempo, troppo precise per alcuni versi e un po’ generiche e un po’ vaghe per altri versi», come fa notare il presidente della corte. In un primo momento, la donna riferisce di avere saputo della scomparsa di Simona quella stessa sera quando il figlio «è rientrato a casa alle 22. L’ho visto e ho pensato che erano le 22 perché mi ero alzata per andare in bagno». Qualche domanda dopo, la donna dice però di avere chiesto l’indomani al marito (deceduto nel 2011) a che ora fosse rientrato il figlio quella sera e di avere ricevuto da lui quell’orario come risposta. E poi ancora una versione diversa: «Quella sera abbiamo cenato insieme e mio figlio non è proprio uscito». Infine, l’anziana si corregge dicendo di avere saputo la notizia della scomparsa dal figlio l’indomani dopo che era andato dai carabinieri a raccontare che aveva dato un passaggio in Vespa alla ragazza.
La discussione si è poi spostata sull’incidente autonomo di Bellia con la Vespa e sulla sua degenza in ospedale. Un punto importante perché, stando a quanto ricostruito, il 20 settembre del 1993, Licciardi sarebbe andato in ospedale dove Bellia «gli avrebbe detto di avere fatto sparire Simona, che aveva fatto una “cavolata”». L’anziana dichiara che «nelle ore in cui io ero in ospedale lui non è venuto» e solo quando la pm lo chiede esplicitamente risponde che in quell’unico giorno in cui è stato ricoverato il figlio aveva ricevuto anche la visita di Simona Regolo. L’altra parte dell’udienza è stata poi dedicata all’esame del colonnello Nazareno Santantonio, il comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Catania a cui, nel 2012, la procura di Caltagirone ha chiesto di riesaminare il caso. «Fondamentalmente abbiamo riascoltato le intercettazioni dell’epoca – dichiara – ed esaminato il materiale documentale per conoscere tutta la complessa indagine. In un primo momento ci siamo concentrati su un’altra persona ma l’indagine non ci portò da nessuna parte e poi siamo passati a Bellia e abbiamo approfondito diversi aspetti che erano già emersi perché questo filone – conclude il colonnello – ci aveva fornito una serie di elementi su cui continuare a investigare». Da lì si è arrivati poi alla riapertura del processo a più di 25 anni di distanza dai fatti.