Case, diritto e obiettivo comune

«L’emergenza casa a Catania è un argomento scottante, e con la crisi non riguarda più solo le fasce sociali più disagiate, ma tutti. L’informazione locale tace e noi, con questo dossier, ci proponiamo di risvegliare la coscienza sociale, attraverso un’informazione deontologicamente corretta». Così Giuseppe Scatà di “U Cuntu” ha introdotto “Case”, la nuova inchiesta realizzata dall’associazione “Lavori in corso” e presentata giovedì 7 gennaio a Città Insieme. A seguire, lo spettacolo teatrale “Librino”, interpretato da Luciano Bruno, con la regia di Orazio Condorelli e Giuseppe Scatà.

La parte tecnica del dossier – con una serie di dati quantitativi e percentuali – dimostra come ciò che viene ufficialmente stimato molto spesso non corrisponda all’effettività delle cose. Il patrimonio edilizio censito a Catania non risulta realmente presente e sono tantissimi gli sfratti di inquilini divenuti morosi a causa degli eccessivi affitti. Il problema dell’abitabilità è duplice: c’è chi cerca un alloggio e chi ce lo ha già, ma non riesce a pagarlo. E’ così che la fascia sociale più povera si allarga, e quella medio-borghese tende a scomparire: chi prima poteva permettersi di comprare casa, oggi, a stento, paga l’affitto. Nasce la “fascia grigia”, cioè una zona intermedia che si frappone tra chi cerca di ottenere a tutti i costi un alloggio popolare e chi, invece, può accedere al mercato immobiliare.

«Ciò che manca è la qualità dell’abitare. Molta gente vive in case fatiscenti, sia nel centro storico che in periferia. Mancano i servizi pubblici ed esistono seri disagi igienico-sanitari, per non parlare dei problemi strutturali di moltissimi edifici», spiega Giorgio Alecci dell’associazione. Allontanarsi dal centro della città non è la soluzione: aumentano gli spostamenti, si incrementa l’inquinamento. Alecci prosegue con un excursus delle fasi storiche del patrimonio pubblico a Catania. Partendo dal piano Fanfani del secondo dopoguerra, passando per la legge 167 del 1962, con la quale si considerava la casa parte integrante del diritto di cittadinanza, si è giunti agli anni Novanta, durante i quali l’abitazione «sparisce, si aliena». Eppure le liste di richieste per gli alloggi popolari sono lunghissime, troppo rispetto alla reale disponibilità abitativa. «Servono nuove politiche pubbliche e il dossier trae spunto dalla necessità di riempire un vuoto. – conclude Alessi – Per farlo bisogna recuperare il patrimonio edilizio esistente e ricercare, al tempo stesso, nuove strade percorribili, tenendo in considerazione le limitate risorse economiche».

Gli fa eco Giuseppe Conti del SUNIA, Sindacato Nazionale Unitario Inquilini ed Assegnatari, che racconta come le graduatorie per gli alloggi popolari siano ferme al 2002. «Nonostante questo, quest’anno è stato emesso un nuovo bando di concorso. Sì, senza graduatorie aggiornate, perché non esiste più la commissione preposta a farle. Troppo opportunismo e gettoni di presenza, l’amministrazione pubblica ha tagliato i viveri e li ha mandati tutti a casa, per risparmiare», ha spiegato Conti.

L’emergenza casa a Catania nasce, inoltre, da una situazione di diffusa irregolarità, che perdura da più di vent’anni. Secondo il dossier, il 90% degli affittuari catanesi vive in uno stato di perenne morosità. I conseguenti sfratti comportano il dilagare dell’abusivismo e, spesso, le famiglie che avevano fatto richiesta per un alloggio perdono il diritto di accedervi perché, nel tempo, sono riuscite a migliorare il loro reddito.
Un problema urgente, «perché l’emergenza casa è collegata a tante altre emergenze sociali, che si coinvolgono e si toccano a cascata: la povertà, la criminalità e l’attualissimo business degli immigrati», spiega Giuseppe Scatà, ricordando come alcuni cittadini approfittino della rassegnazione di chi è in difficoltà per affittare abitazioni non ristrutturate, spesso quasi inagibili.

Ma non c’è solo denuncia nel dossier “Case”. Enrico Cavalli, di “Lavori in corso”, ha esposto le proposte di intervento contenute nell’inchiesta, sottolineando che, se per noi certe idee sono inconcepibili, in altri Paesi si sono già tramutate in progetti concreti. Cavalli propone, ad esempio, la perequazione urbanistica, che concede lo stesso diritto di costruire al soggetto pubblico e al privato, o lo scattering, per evitare la concentrazione e favorire la dispersione, oppure ancora una maggiore collaborazione delle risorse private. In generale, c’è la necessità di un nuovo progetto abitativo, che miri alla tutela dell’interesse pubblico. «Il dossier è un’opportunità, e ha senso solo se trova un seguito. Non si può fornire una risposta solo numerica al problema. – ha concluso Cavalli – Bisogna partire dal basso e diventare, tutti, protagonisti di un cambiamento sociale importante. Qualsiasi buona politica viene da uno scambio, dalla condivisione, da un dialogo a più voci».


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