Palazzo d'Orleans ha espresso la volontà di volere acquisire l'immobile del giudice proclamato beato. L'associazione e la proprietaria che gestiscono la casa si sono opposti. «Entrerà a fare parte a pieno titolo nella Rete regionale delle case-museo», dice l'assessore
Casa Livatino, associazione contro acquisto della Regione «Finora non c’è stata alcuna interlocuzione con Samonà»
Sono passati otto mesi da quando il giudice Rosario Livatino è stato proclamato beato. Ucciso il 21 settembre 1990 a soli 38 anni per mano della Stidda, organizzazione mafiosa attiva tra Agrigento e Caltanissetta, per le sue inchieste, Livatino è stato definito un «fedele laico, martire della giustizia e della fede». Dal 9 maggio scorso, giorno della sua beatificazione, a oggi il nome di Livatino ha riecheggiato insieme al suo coraggio, perché poneva il suo operato «sub tutela dei», ovvero sotto la tutela di Dio. La Regione, con una delibera dello scorso 20 gennaio, su proposta dell’assessore regionale per i Beni culturali e l’identità siciliana Alberto Samonà, ha espresso la volontà per acquisire nel suo patrimonio la casa in cui ha abitato Livatino. L’abitazione di viale Regina Margherita 166, a Canicattì, in provincia di Agrigento, è passata nel 2010 a Giuseppina Profita, donna di fiducia della famiglia, per volontà dello stesso padre di Livatino, che in tutti questi anni ha ospitato chiunque avesse voluto visitare l’abitazione.
La volontà espressa dalla Regione, tuttavia, non sembra essere condivisa dalla proprietaria che, insieme all’associazione Casa giudice Livatino, che aiuta Profita a gestire l’immobile, ha sottolineato la contrarietà a una possibile vendita. «L’attuale proprietaria ha reso sempre disponibile l’immobile ai visitatori – afferma Claudia Vecchio dell’associazione Casa giudice Livatino – Si è detto che c’è una vendita, ma per essere tale devono esserci sia il venditore che l’acquirente, ma in questo caso non c’è nessun venditore. Abbiamo appreso dai social e dalla stampa che la Regione ha avviato le procedure per acquisirla, ma noi finora non abbiamo avuto contatti con l’assessore Samonà: la nostra non è una polemica, ma siamo davanti a un bene privato». Per il valore «storico artistico, architettonico ed etnoantropologico particolarmente importante», come scrive la Regione nel documento che allega all’ultima delibera, sulla casa il 9 settembre del 2015 è stato apposto un vincolo di tutela da parte della Soprintendenza ai Beni culturali.
La proprietà, dal canto suo, aveva fatto ricorso al vincolo, ma a febbraio del 2021 il Consiglio di giustizia amministrativa ha respinto quanto sostenuto dalla proprietà, «confermando la bontà dell’azione di tutela svolta dall’amministrazione dei Beni culturali», come specifica un passaggio del documento regionale. «Il provvedimento vincola la proprietaria a tenere la casa così come le è stata lasciata e dice che non può fare altri interventi – continua Vecchio – Quando la casa è passata alla proprietaria, la Soprintendenza ha visionato gli immobili constatando che sono ben custoditi. Dopo le notizie che sono circolate, alcuni ci hanno chiamato dicendoci se vendevamo la casa, ma noi non abbiamo incontrato nessuno, né siamo stati informati».
Da un anno gli uffici dell’assessorato hanno avviato le pratiche con il dipartimento regionale per avere una stima sul valore dell’immobile, che però non è stato possibile concludere a causa dell’opposizione della proprietà. Nella delibera dello scorso 20 gennaio, la giunta Musumeci esprime il suo apprezzamento sulla possibile acquisizione e propone di verificare se la proprietà abbia maturato la disponibilità alla cessione per l’importo che dovrà essere determinato dal dipartimento regionale tecnico. Ma visti gli «interessi di tutela e conservazione» di carattere storico e culturale che rispondono alle esigenze di pubblica fruizione, la Regione sottolinea che «laddove si constati l’impossibilità di raggiungere un accordo per una compravendita, l’assessorato disporrà comunque l’acquisizione dell’immobile mediante espropriazione per pubblica utilità».
Dall’altra parte, la Regione sembra decisa a dare atto al passaggio dell’immobile al suo patrimonio. «La casa del giudice Livatino è un luogo dal fortissimo significato simbolico. Da quando, quasi un anno fa, è stato confermato il vincolo di tutela culturale della Soprintendenza – afferma in una nota Alberto Samonà – L’edificio, una volta acquisito, entrerà a far parte a pieno titolo della Rete regionale delle case-museo, istituita dal governo Musumeci per mettere in collegamento i luoghi rappresentativi dei personaggi illustri della Sicilia».