La sua famiglia ha gestito lo storico Esperia dal 1933 al 1969. Alberto Surrentino con pellicole e proiettori c'è cresciuto, ma la svolta arriva a nove anni quando è stato conquistato dal concetto stesso di far vedere un film. A pochi giorni dall'evento organizzato da Cinestudio - di cui è socio - e CTzen, l'amarcord agrodolce di chi è rimasto folgorato dalla settima arte
Cartoni, arene e macchine da presa L’amarcord di un pazzo per il cinema
Ci sono tanti momenti che mi legano praticamente ad ogni sala di Catania, persino ad alcune che non ho mai vissuto, se non attraverso i ricordi di chi le aveva frequentate. Impossibile non citare il cinema Esperia, che è stato gestito dalla mia famiglia dal 1933 al 1969 ed i cui ricordi sono diventati i miei. Da piccolo poi ricordo con piacere l’Ambasciatori, che era il cinema dove venivano proiettate quasi tutte le produzioni Disney. Ma il vero passaggio chiave è rappresentato dalla visione di Ghostbusters al cinema Ritz nel 1984: è quella la prima volta in cui non vengo portato al cinema, ma scelgo personalmente cosa andare a vedere.
Avevo nove anni e fino a quel momento il cinema era stato per me un passatempo come un altro. Se mi ci portavano ero contento, ma l’iniziativa era sempre presa dagli altri. Non ricordo perché mi venne in testa di andare a vedere quel film, probabilmente ne avevo sentito parlare dai miei compagni di classe. Andai allo spettacolo pomeridiano (che all’epoca era sempre alle 16) in una sala enorme che ricordo gremitissima. Il film mi piacque molto, ma ciò che caratterizzò quel pomeriggio fu una sorta di folgorazione verso il mondo del cinema. Non mi era piaciuto solo il film, era il concetto stesso di proiezione cinematografica che mi aveva conquistato. Dal giorno dopo una mia lettura imprescindibile diventarono i tamburini de La Sicilia, alla ricerca di titoli che potessero interessarmi.
Ovviamente, non avendo già maturato una cultura cinematografica, alla fine volevo andare a vedere di tutto. E più congeniale a questa mia nuova mania (che aveva lasciato increduli i miei genitori, soprattutto per l’età in cui si era manifestata) era la programmazione delle arene estive e del cinema Alfieri (che all’epoca era cinema di seconda visione e che d’estate faceva una programmazione da arena) in cui il film veniva cambiato ogni giorno. Non solo, ma a differenza di oggi, molto spazio veniva lasciato alla programmazione dei film degli anni passati ed ogni arena aveva i suoi cavalli di battaglia. Ogni estate si sapeva che all’arena Adua si sarebbero potuti vedere i Blues brothers ed Un lupo mannaro americano a Londra, al Miramare c’era una sorta di esclusiva Mel Brooks, con La pazza storia del mondo e Frankestein Junior ed all’Alfieri si poteva assistere alla riproposizione di film come Ghostbusters e Pink Floyd The wall.
Abitando in piazza Lanza, il locale da me più frequentato era l’arena Adua e qualche anno dopo proprio da lì partì la seconda svolta nella mia vita cinematografica. Era il 1991 e chiesi al gestore del cinema, Cosimo Gallina, di potere lavorare in cabina di proiezione. Lui in realtà non aveva bisogno di un operatore, essendo l’arena a gestione familiare e potendo contare sull’aiuto dei figli, ma probabilmente il fatto di avere conosciuto mio nonno ai tempi dell’Esperia, lo indusse a darmi questa possibilità.
In meno di una settimana imparai ad usare perfettamente la macchina di proiezione e quello che era nato solo come hobby costituirà 14 anni dopo la terza svolta: nel settembre del 2005 venni chiamato a sostituire l’operatore dell’arena Argentina che doveva andare in ferie e fui poi richiamato in pianta stabile per la stagione 2006. Due anni dopo ero entrato a far parte della società che gestisce il cinema, acquisendo anche il ruolo di responsabile della programmazione sia dell’arena che del Cinestudio. Il resto poi è storia recente, con l’acquisizione della gestione del King a partire dal 2010, con un bilancio che però all’inizio del terzo anno non potremmo certo definire positivo.
Alberto Surrentino