Nel centro del Siracusano si trova una pianta di dieci metri e di duemila anni. Il più importante delle migliaia di esemplari della provincia che, da sola, produce il 70% della produzione mondiale di carrube. «La farina non contiene glutine, e si usa anche per sciroppi e decotti»
Carrubo mille usi: dai cosmetici alla farina per celiaci A Rosolini l’albero più antico e più grande del mondo
A Rosolini, all’interno di un podere privato in Contrada Favarotto, si trova quello che è stato definito «il carrubo più antico e – probabilmente – più grande in Italia e nel mondo». Un albero alto dieci metri e dal diametro complessivo di diciotto, la cui età è stata stimata intorno ai duemila anni.
A parlare dei record del carrubo è Cava Ispica, l’ecosezione ambientalista modicana della onlus Movimento Azzurro: «Puntiamo alla salvaguardia del territorio, inteso come bene ambientale – spiega la presidente Daniela Boscarino – con particolare attenzione a due elementi che rendono unico il nostro paesaggio: i muretti a secco e i carrubi».
Entrambi a rischio, secondo Boscarino: «I carrubi sono stati messi in pericolo, negli anni passati, dall’incuria, coltivati in maniera errata e talvolta abbandonati a sé stessi». Mentre a partire da quest’anno il carrubo è stato colpito da un coleottero particolarmente aggressivo, lo Xylosandrus Compactus, che lo sta danneggiando enormemente: «Sono già morti quattrocento alberi e non sappiamo quanti ancora ne perderemo la prossima primavera, quando si schiuderanno le larve. Ma è difficile capire come intervenire, perché la legge proibisce l’uso di qualsiasi sostanza chimica sugli alberi di carrubo ed è quindi necessario trovare una soluzione alternativa insieme ad agronomi e ricercatori dell’Università. La morte di un carrubo equivale alla perdita di secoli di storia, dato che la loro età media si aggira intorno ai trecento anni».
Il grande carrubo da record non sarebbe però attualmente in pericolo e continua a detenere il primato tra gli alberi censiti e dichiarati da studiosi e agronomi, seguito dall’esemplare di Polignano in provincia di Bari: «Magari da qualche parte potrebbe esistere un altro carrubo più grande o più antico non ancora registrato e del quale non possiamo dunque essere a conoscenza – aggiunge Boscarino – tuttavia il carrubo è diffuso in un’area abbastanza limitata, quella del Mediterraneo, e si verrebbe presto a scoprire se vi fosse un albero ancora più grande».
Secondo l’associazione Cava d’Ispica, il valore aggiunto del carrubo sono i tanti usi possibili del suo frutto, la carruba. «L’utilizzo attuale più diffuso della carruba è come mangime per animali. Meno comune da noi è l’uso come alimento, dato assurdo se si considera che da queste parti si produce il 70 per cento della produzione mondiale di carrube, la cui farina viene abbondantemente consumata nei paesi nordeuropei, disposti a pagarla fino a 15 euro al chilo. Dalle nostre parti tuttavia non viene più utilizzata, forse perché ricorda i tempi di estrema povertà della guerra».
Dalla polpa di carruba, tostata e macinata, si ottiene una farina utilizzabile per realizzare pasta, pani e dolci. E i suoi valori nutrizionali la rendono adatta a vari tipi di dieta: «Può essere utilizzata dai celiaci, perché non contiene glutine, da vegani e da intolleranti al lattosio, perché contiene la vitamina B12 che normalmente si trova nella carne e nel latte, e da chiunque sia a dieta, perché il suo sapore naturalmente dolciastro e simile a quello del cacao consente di utilizzare meno zucchero nelle ricette dei dolci».
Ma gli utilizzi della carruba non si limitano all’ambito alimentare, servendo anche in ambito cosmetico ed erboristico, «per creare creme viso, polveri anti-arrossamento, sciroppi dal forte potere espettorante e decotti dalle proprietà antisettiche». Tuttavia oggi, questi utilizzi della carruba sono relegati al passato, per ragioni di tipo economico: «La lavorazione della carruba ha ormai costi troppo elevati – spiega Boscarino – che non reggono il confronto con l’industria chimica».