«Viviana e Gioele sono precipitati (caduti o lanciati, ancora non si sa) in un pozzo con circa 50 centimetri di acqua e sono morti per asfissia. Tirati fuori, sono stati oggetto di una macabra messinscena per un depistaggio». È questa la conclusione a cui sono arrivati i consulenti degli avvocati Claudio Mondello e Pietro Venuti che assistono Daniele Mondello, il marito di Viviana Parisi e padre del bambino di quattro anni. Entrambi trovati cadaveri tra i boschi di Caronia, lo scorso agosto, dopo l’incidente nella galleria Pizzo Turda lungo l’A20 Messina-Palermo con un furgoncino di tecnici della manutenzione autostradale.
«Nessuna uccisione del piccolo da parte della madre, nessun suicidio, nessun lancio dal famoso traliccio». Nella relazione anticipatoria depositata alla procura di Patti, in attesa dei risultati delle attività info-investigative, il team di esperti ipotizza si sia trattato di una «abile messinscena organizzata da una combinazione criminale motivata e coinvolta tramite la traslazione dei cadaveri in zone sensibili proprio per inscenare il suicidio o la disgrazia e allontanare da sé ogni responsabilità». Stando alla ricostruzione del pool di esperti di parte, madre e figlio sarebbero finiti contemporaneamente nel pozzo, nella cisterna o nell’invaso. «Poi i due corpi, in tempi diversi, sono stati estratti dal fondo del pozzo con le mani e con appositi strumenti da parte di qualche soggetto ignoto». Prima Viviana, tra la tarda sera del 3 agosto e la mattina del 4, dopo Gioele che non si esclude sia stato «conservato in un contenitore di plastica e poi posizionato sul luogo del rinvenimento», dove il corpicino è stato straziato da animali selvatici.
Una tesi che, stando a quanto ricostruito dai consulenti, sarebbe supportata da diversi elementi: lo stato dei corpi; la colorazione rosa dei denti; l’assenza di tracce di Viviana sul traliccio ai piedi del quale è stato ritrovato il suo cadavere dopo giorni di ricerche (nonostante un drone lo avesse ripreso ad appena 24 ore dalla scomparsa); l’impossibilità che la donna abbia percorso il tragitto fino al bosco (perché, come si legge nella relazione, «si sarebbe procurata graffi al volto, alle mani, alle gambe e avrebbe lasciato tracce su qualche rovo») e che si sia arrampicata sul traliccio («di metallo rovente, scivoloso, con rovi spinosi e pungenti, senza lasciare tracce»). Gli esperti di parte escludono, dunque, l’ipotesi di un omicidio-suicidio sostenuta da chi ha puntato tutto sul certificato medico (che attesta paranoia e crisi mistiche) ritrovato nell’auto di Viviana. Tra le richieste investigative dei tecnici del team, adesso, c’è quella di un ulteriore sopralluogo sui luoghi del rinvenimento dei cadaveri; di un ulteriore accesso ai corpi con l’autorizzazione all’uso delle apparecchiature laser 3D; attività investigative per individuare tutti i pozzi, le cisterne e i bacini artificiali (di proprietà e non) della zona per ispezionarli.
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