Caro presidente Crocetta, se la sua ‘Rivoluzione’ deve cambiare la Regione siciliana, deve farlo con persone competenti

IL CAMBIAMENTO REALE NON SI INVENTA. E NON E’ MAI RAFFAZZONATO. CI VUOLE UN PROGETTO POLITICO. E LE PERSONE GIUSTE

Il Presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, presenta se stesso, il suo Governo e la attività sinora svolta come “rivoluzionaria” .

Ora, a prescindere dal fascino che esercita su ogni esponente di sinistra, ivi compresa la sottoscritta, il termine rivoluzione, la definizione di un Governo e della sua azione come “rivoluzionaria”, all’interno di un sistema democratico codificato, non può che destare notevoli preoccupazioni, per le ragioni che sono presto dette.

Appartiene alla cultura politico-giuridica di questo Paese la definizione di Santi Romano secondo il quale “la rivoluzione è un fatto antigiuridico rispetto al diritto positivo della istituzione contro la quale si svolge, ma ciò non toglie che la rivoluzione stessa è un movimento ordinato e regolato dal suo proprio diritto”.

Occorre quindi chiedersi quale sia l’istituzione contro la quale il Governo Crocetta sta agendo e quali siano le regole interne che disciplinano questa azione.

Va subito sottolineato che non può essere la mafia l’organizzazione contro cui è diretta la “rivoluzione”, sia perché la mafia non è una istituzione, ma una organizzazione criminale, sia perché non è dotata di norme positive, e cioè leggi, sia perché in uno Stato di diritto quale è la Repubblica Italiana la criminalità si combatte con le leggi, e non con condotte antigiuridiche.

E allora contro chi è diretta la “rivoluzione” crocettiana? E’ la Regione Siciliana l’istituzione contro? E’ lo Statuto Siciliano e l’intero ordinamento siciliano il diritto positivo che deve essere sovvertito? E’ il Megafono il movimento rivoluzionario, organizzato secondo regole verticistiche e di stretta appartenenza, il modello proposto in sostituzione dell’attuale sistema parlamentare delineato dallo Statuto?

Dati, affermazioni, condotte ed atti sinora posti in essere potrebbero indurre a ritenere che sia proprio la struttura costituzionale e istituzionale della Regione, l’istituzione da combattere e da abbattere rivoluzionariamente.

Infatti palesemente fuori, ed oltre l’attuale ordinamento si rivelano essere:

la visione della Regione come presidenzialista;

la negazione della rilevanza esterna dei singoli assessori (dotati cioè di poteri autonomi, diversi e distinti da quelli del Presidente), con equiparazione agli assessori degli enti locali;

la considerazione degli stessi come esponenti del Presidente, cui devono esclusivamente rispondere, e non invece come organi espletanti una funzione pubblica nei confronti dell’intera collettività siciliana, cui sono tenuti a rispondere, in uno all’Ars, della loro attività;

la negazione della supremazia costituzionale del potere legislativo su quello esecutivo, con sottovalutazione del ruolo e delle funzioni dell’Ars anche in termini di indirizzo e controllo;

la disapplicazione delle norme disciplinanti i requisiti per le nomine dei vertici di competenza del Presidente e della Giunta;

l’uso ordinario dello strumento, invece eccezionale e straordinario, delle nomine commissariali, in sostituzione di organismi plurimi e collegiali;

la costanza della nomina in ogni ramo della amministrazione centrale, periferica ed anche locale, ed ad ogni livello di funzione, di soggetti aderenti al Megafono.

Orbene, nonostante tutte queste innegabili evidenze che indurrebbero a qualificare il Presidente Crocetta come “regicida di se stesso”, considerato che farebbe guerra, o meglio, guerriglia – vista la natura rivoluzionaria dell’azione – contro se stesso, quale Presidente eletto della istituzione da abbattere, poiché non si può non riconoscergli una solida formazione democratica ed un profondo senso di appartenenza a tutte le istituzione che nella sua lunga carriera ha rappresentato, è indubbio l’uso improprio del termine “rivoluzione”, perché l’azione proposta non è diretta dall’esterno contro le istituzioni esistenti, ma è diretta dall’interno dell’ordinamento, contro le errate prassi di gestione della Regione Siciliana perpetrate in passato.

Ed allora se da rivoluzionare sono le errate prassi e condotte del passato, e se la “rivoluzione” consiste nel riportare la Regione a corretta ed efficiente funzionalità in ogni settore, a corretta, utile e proficua politica di spesa, ad imparzialità nella azione amministrativa, è necessario che il Presidente si circondi e, contemporaneamente, doti la struttura regionale ad ogni livello, dagli assessori in poi, di personalità competenti nei singoli settori, per la elevata tecnicità della sfida, che impone la risoluzione di problemi incancreniti da decenni di errata legislazione ed amministrazione (Pip, Formazione, finanziamenti ai settori produttivi, spesa per doverosa attività manutenzione forestale e antincendio, uso del demanio marittimo ecc.).

Ma non basta solo la competenza e la conoscenza storica di ciò che è avvenuto. Perché questo percorso rivoluzionario sia fattibile, oltre che credibile, è necessario che le suddette personalità, parlamentari o rappresentanti della società civile non importa, dotate di esperienza e forte personalità, non abbiano mai avallato in alcun modo le modalità di gestione del passato, o peggio, ne siano stati protagonisti e/o coautori, e siano anche capaci di individuare, nella complessità dell’architettura istituzionale siciliana, le soluzioni più corrette sotto il profilo legislativo e amministrativo, per coniugare l’esigenza di riforma con il rispetto dei diritti nel tempo consolidati.

Questa è la vera rivoluzione riformista che non cancella tutto facilmente con un colpo di spugna, come se nulla prima fosse stato e nulla si fosse prodotto nel tempo (vedi caos Formazione, Province, Muos), ma che innovi e migliori il sistema, senza macelleria sociale e istituzionale.

Caro Presidente, questa è la sfida che da aderente come te al PD, ti chiediamo di affrontare nel tuo ancora lungo mandato, superando con immediatezza tutte quelle ambiguità sopra indicate che rendono oggettivamente difficile cogliere il passaggio dal vecchio al nuovo, rinunciando all’apporto di vari soggetti, oggi presenti a tanti, troppi livelli, incompatibili e in conflitto di interessi, inadeguati o anche solo incompetenti.

 


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