Caro presidente Crocetta, caro Ministro D’Alia, in Sicilia non ci sono precari di serie “A” e precari di serie “B”. Ovvero, salario minimo garantito per tutti

NOTIAMO CHE SUL PRECARIATO SICILIANO E’ IN CORSO UNA COMMEDIA DEGLI INGANNI. La nostra sensazione è che la politica starebbe provando, di fato, a far passare una tesi in base alla quale ci sarebbero precari di serie “A” e precari di serie “B”. I primi sarebbero i 23 mila precari degli enti locali. I secondi tutti gli altri,

Ci permettiamo di ricordare che, in Sicilia, grazie alla politica – e grazie allo Stato che non si è mai opposto alla proliferazione incontrollata dei precari – non ci sono soltanto i 23 mila precari degli enti locali. A questi si aggiungono i precari della Regione e degli enti regionali (si pensi ai precari dei Consorzi di Bonifica: ma non sono i soli), i precari delle Province (che non sono mai state abolite, ma ci sono ancora) e le new entry: per esempio, i circa 12 mila precari creati dagli Ato rifiuti negli ultimi anni.

Come ci capita spesso di scrivere, il vice presidente dell’Ars, Antonio Venturino, ha avviato uno studio piuttosto dettagliato sul precariato siciliano. Con una serie di incontro ad hoc.

Ebbene, da questi studio – e mettendoci dentro anche i 25 mila operai della Forestale – Venturino ha calcolato che in Sicilia si contano circa 100 mila precari.

Togliendo da questi 100 mila i 25 mila operai della Forestale – che hanno una storia e un ruolo completamente diverso da precari – si contano, nella nostra Isola, circa 75 mila precari.

Poiché le cose vanno dette tutte, fino in fondo, va precisato che i circa 23 mila precari degli enti locali (ammesso che il numero sia rimasto tale e non sia ‘lievitato’) non sono mai stati pagati dai Comuni. Li ha sempre pagati la Regione, con un costo che si aggira intorno a 250 milioni di euro all’anno.

Questa precisazione è importante. In queste ore si parla di un incontro tra il ministro della Pubblica amministrazione, Gianpiero D’Alia, e il presidente della Regione, Rosario Crocetta. Si parla, inoltre, di assorbimento dei precari da parte dei Comuni con concorsi che dovrebbero prevedere una riserva del 50 per cento dei posti ai precari.

Non abbiamo letto, però, chi dovrebbe tirare fuori i soldi per pagare questo personale. I Comuni siciliani, pur non avendo mai pagato i 23 mila precari, sono quasi tutti in deficit (una ventina di Comuni ha già dichiarato il dissesto finanziario). Molti Comuni dell’Isola scontano già grosse difficoltà a pagare il personale ordinario, figuriamoci quello che dovrebbe essere ‘assunto’ con i concorsi.

Il presidente della Regione, Crocetta, che di cose ne dice tante, spesso anche a sproposito, ha detto (dichiarazione che abbiamo letto su LiveSicilia) che la Regione potrebbe assorbire i precari. Con quali soldi, presidente? E poi quali precari dovrebbe assorbire la Regione? Tutt’e 75 mila e rotti?

Ricordiamo che nella bozza di bilancio 2014 che l’assessore all’Economia, Luca Bianchi, ha già inviato ai dipartimenti ci sono solo i soldi schitti schitti per le spese di funzionamento della ‘macchina’ regionale: sanità, stipendi del personale, pensioni (che si pagano ancora con i fondi del Bilancio regionale, visto che il Fondo pensioni regionale, istituito nel 2009, non è in grado di funzionare), mutui e, forse, le bollette. Per tutto il resto – cioè per interi settori dell’amministrazione pubblica regionale e, quindi, della vita pubblica siciliana – non c’è un euro. Con quali soldi il presidente Crocetta vorrebbe ‘assorbire’ i precari? Forse la Regione ha un Bilancio parallelo che noi non conosciamo?

Tuttavia, e ci limitassimo enunciare i problemi che la politica nasconde, beh, non renderemmo un grande servizio. Vanno anche proposte soluzioni. E una possibile soluzione al problema del precariato siciliano esiste.

Su tale proposta il nostro giornale insiste da quando siamo in rete. Proposta in parte lanciata anche da un dirigente del Megafono da noi intervistato alcuni mesi addietro, Angelo Forgia. La proposta è quella di istituire un salario minimo garantito per tutti i precari siciliani.

Sia chiaro: non siamo innamorati del precariato. A nostro avviso, nella pubblica amministrazione si accede per concorso, così come prevede la Costituzione del nostro Paese. Cosa ribadita dalla riforma varata dal ministro D’Alia. Tuttavia, in Sicilia, i precari creati dalla politica ci sono e non possono essere ignorati. Né si può dare più possibilità ai precari anziani rispetto ai giovani precari. Nessuno di loro ha sostenuto un concorso e tutti sono entrati nella pubblica amministrazione per segnalazione. Quindi sono tutti uguali.

Dunque, un salario minimo garantito per tutti. E i soldi? Lo Stato, quest’anno, ha scippato dal Bilancio della Regione 914 milioni di euro per il Fiscal Compact, un trattato internazionale demenziale che obbliga il nostro Paese a pagare 50 miliardi di euro all’anno per vent’anni. Per il 2014 Roma prevede di scippare alla Sicilia un altro miliardo di euro (e forse più). Bene, basta bloccare questo scippo.

Con un miliardo di euro si può benissimo istituire il salario minimo garantito per pagare tutti i precari siciliani (compresi i lavoratori della Gesip e gli ex Pip di Palermo). Evitando di fare lievitare il numero (lo diciamo subito perché molti Sindaci, non ‘contenti’ dei precari pagati dalla Regione, hanno creato altre forme di precariato con cooperative sociali e altro ancora).

Bisogna solo convincere Roma a esentare la Regione siciliana dal pagamento del Fiscal Compact. Del resto, non vediamo altre alternative.

A meno che la politica non intenda aumentare le tasse in Sicilia per drenare alle famiglie e alle imprese siciliane un miliardo di euro all’anno per pagare questi precari. Opzione che a noi appare improponibile, perché trasformerebbe la Sicilia, già allo stremo, nella Grecia di questi giorni.

Del resto, la politica ha provato a scippare ai siciliani un miliardo di euro, con un aumento indiscriminato dell’Irpef, per pagare i debiti alle imprese. Ma la manovra ‘intelligente’ dell’assessore Bianchi è stata bloccata – e in questo grande merito va dato al Pd – perché tale opzione avrebbe ulteriormente ridotto i consumi dei siciliani facendo esplodere la disoccupazione che è già alle stelle.

Sarebbe molto singolare che un a manovra per pagare i debiti alle imprese siciliane, bloccata perché ultra-recessiva, venisse adesso riproposta e approvata per pagare i precari! Anche per una questione morale: il precariato è il frutto del clientelismo della politica siciliana, attuato scientemente aggirando la Costituzione. Sarebbe assurdo far pagare il prezzo di queste clientele a cittadini e imprese siciliane.

A pagare il costo del precariato siciliano deve essere lo Stato, che in tutti questi anni ha avallato tutte le leggi sul precariato. Compresa una legge regionale dei primi anni 2000, assolutamente folle, che ha avviato la ‘stabilizzazione’ dei precari nella pubblica amministrazione. Compresa la legge nazionale in base alla quale tanti Lsu sono stati ‘stabilizzati’ (si pensi all’Amia di Palermo).

Il Governo Letta se ne faccia una ragione: la Sicilia non può pagare il Fiscal Compact.

 

 

 


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