L’attaccante della Ludos Palermo racconta com'è nata la sua passione per uno sport considerato di nicchia. «Il calcio femminile è snobbato rispetto a quello maschile. Lavoriamo allo stesso modo e facciamo gli stessi sacrifici», spiega. E prima dei serrati allenamenti la 25enne insegna ai bambini a fotografare
Carmen Buttacavoli, tra calcio e volontariato «Ho cominciato per strada insieme ai ragazzi»
Un amore incondizionato. Si può definire così quello che lega Carmen Buttacavoli, attaccante classe ’91 della Ludos Palermo, e il pallone. Rigorosamente da calcio. Un sentimento nato quando la giocatrice è solo una bambina. «Ho iniziato a giocare per strada con i maschietti e da lì non mi sono più fermata. La passione per lo sport, soprattutto per il calcio, andava sempre crescendo». Come succede spesso nelle storie d’amore, il papà e la mamma non sempre sono d’accordo con la scelta del partner – il pallone in questo caso – da parte della figlia. I genitori di Carmen, però, hanno imparato ad accettare quella che per la ragazza è una passione pura. E che occupa la giornata della calciatrice insieme al volontariato con i bambini.
«All’inizio i miei genitori erano un po’ contrari perché i ragazzi potevano farmi male. Ma sono l’unica nella mia famiglia che pratica sport e, crescendo, mi hanno sempre appoggiata e incoraggiata in ogni mia scelta». Un’approvazione importante per chi pratica uno sport poco considerato in Italia. «Il calcio femminile è snobbato e nessuno ci prende sul serio. Si discrimina tra il calcio femminile e quello maschile, ma noi non abbiamo nulla in meno dei ragazzi. Siamo calciatrici come loro sono calciatori. Ci alleniamo allo stesso modo, facciamo gli stessi sacrifici e ci attacchiamo alla maglia allo stesso modo». A questo punto, Carmen tiene particolarmente a fare una precisazione: «Sarebbe importante dare più spazio e più voce al sesso femminile: noi non siamo semplicemente ragazze che giocano a pallone, siamo a tutti gli effetti delle calciatrici. Ci alleniamo due ore per quattro volte alla settimana ma, quando pensiamo di dover andare a toccare quel pallone, tutto sembra più facile».
All’inizio Carmen non sapeva dell’esistenza di una squadra di calcio femminile a Palermo. «Avevo vent’anni e ho iniziato tramite un’operatrice di un centro aggregativo che frequento da anni. Ho partecipato a uno stage e da lì è iniziato tutto». L’attaccante parla poi della situazione nel capoluogo siciliano e degli obiettivi della squadra. «Se il Palermo calcio ci prendesse in considerazione sarebbe un trampolino di lancio per fare cambiare idea sul calcio femminile. Per quest’anno l’obiettivo è di tornare in serie B e rifarci del tempo perso». La cadetteria, però, sarebbe solo di passaggio, almeno nelle intenzioni di Buttacavoli. «Il mio sogno è quello di andare sempre avanti e, un giorno, poter giocare la serie A con la mia squadra. Qualora non dovessimo riuscirci e dovessero arrivarmi proposte di un’altra squadra della massima serie, le prenderò in considerazione per una mia crescita personale».
La stessa Carmen confessa di avere un altro amore, il volontariato. «Al momento non lavoro, ma faccio parte di un’associazione chiamata centro Tau dove faccio delle piccole attività con i bambini. Si tratta di bimbi dai sei agli otto anni che crescono in quartieri disagiati e ai quali cerco di trasmettere il mio amore per la fotografia. Faccio usare una fotocamera professionale, qualcosa di estremamente lontano dalle loro aspettative e possibilità». Un impegno che porta via un po’ di tempo, ma che Buttacavoli riesce a conciliare con gli allenamenti. «Le attività di volontariato si svolgono nel primo pomeriggio; le sedute di allenamento, invece, nel tardo pomeriggio. La Ludos è la mia prima squadra dopo che per vent’anni ho giocato per strada». L’ultima battuta la giocatrice la riserva ancora ai bambini, cercando di spiegare perché ama così tanto rendersi utile con loro: «Non so spiegare quello che si prova nel rendere felice un bambino con un gesto che può sembrare piccolo e banale, ma che per lui è tutto. Amo i bambini e vederli stare bene mi rende felice». Almeno quanto calciare il pallone.