I lavoratori del settore hanno sfilato in corteo nella capitale per richiamare l'attenzione del governo sui problemi della categoria. Su tutti, la delocalizzazione, oltre al rispetto delle «norme europee e la razionalizzazione degli interventi di sostegno», spiega Natale Falà, rsu Cgil di Almaviva. Nell'azienda in provincia di Catania hanno partecipato a distanza anche le impiegate, «lo abbiamo fatto per le tante mamme che non potevano venire a Roma»
Call center, in diecimila manifestano a Roma A Misterbianco protesta cuffie e passeggini
«Per la prima volta ci siamo visti tutti assieme, eravamo diecimila, è stato bellissimo». Parla con soddisfazione Natale Falà, responsabile sindacale della Cgil impiegato nell’azienda di Misterbianco Almaviva. Per la prima volta i dipendenti dei call center – «siamo 20-30mila solo in Sicilia» – sono scesi in piazza a Roma per protestare contro i problemi della categoria. Il principale si chiama delocalizzazione, la fuga delle aziende verso i paesi esteri che forniscono gli stessi servizi a prezzi più vantaggiosi. Ma con spese per lo Stato e violazioni dei dati dei consumatori. «Al Governo chiediamo azioni che non hanno alcun costo – spiega Falà – Il rispetto delle norme europee e la razionalizzazione degli interventi di sostegno». E, inoltre, «chiediamo che si stringa finalmente la delocalizzazione».
Un corteo pacifico, organizzato dalle sigle sindacali riunite. «Mentre nel Paese si discute di come creare occupazione stabile – hanno scritto in un comunicato congiunto – il settore che più di tutti in questi anni ha saputo creare occupazione buona, rivolgendosi principalmente al mondo giovanile, rischia oggi di crollare nel silenzio generale della politica e dell’opinione pubblica». La manifestazione ha avuto una sua appendice anche nelle aziende sparse su tutto il territorio nazionale, «una protesta 2.0 – la definisce sorridendo Falà – L’abbiamo chiamata cuffie e passeggini». Nelle sedi hanno fatto il proprio ingresso i figli dei dipendenti, tenuti a bada da animatori convocati ad hoc. «Lo abbiamo fatto per le tante mamme che non potevano venire a Roma», chiarisce il sindacalista. «Sono circa il 70 per cento». «Abbiamo iniziato 15 anni fa, quando eravamo ragazzini – conclude Natale falà – Poi è diventato il lavoro della vita. Non possiamo non lottare».