Brooklyn Boy

Alan Lelchuk, scrittore americano insegnante del Jewish Studies Program al                               Darmouth College, U.S.A., ha tenuto un seminario su “ Writers, Writing and Creative Writing in America” a Ragusa il 18 e 19 dicembre. Con molta attenzione noi studenti, insieme ai docenti e ai rappresentanti dell’ambasciata di Palermo, abbiamo ascoltato non solo la storia di questo scrittore, per altro molto interessante, ma abbiamo assaporato qualche frammento di uno dei suoi tanti libri, Brooklyn Boy, il cui titolo è legato alla sua vita di giovane americano nato da padre russo di religione ebraica e madre americana. Brooklyn Boy è stato uno dei primi libri; in esso è racchiuso il mondo di un bimbo che ha sempre avuto come compagna inseparabile la solitudine, una solitudine che da “loneliness” si trasforma semplicemente in “solitude”.

Spesso infatti era lasciato solo dai genitori la sera e la sorellina più grande, stanca di fargli da balia, faceva altrettanto (Alan aveva solo 6 anni). All’inizio la situazione era difficile da mandar giù, ma dopo un po’ di tempo Alan cominciò ad abituarsi, anzi cominciò persino a capire come sfruttare a suo vantaggio la cosa.

Così quell’ arco di tempo divenne per lui un momento di sano divertimento in cui cominciava a sognare e ad usare l’immaginazione come meglio poteva e, prendendo come suoi personaggi persone reali, inventava una storia e faceva fare e dire loro cose che magari avrebbe voluto vivere ma che non aveva concretizzato nella realtà. Quando scrive Brooklyn Boy Alan è già più grande, è un adolescente. In questo libro racconta la sua triste infanzia, vissuta tra un padre violento ed una madre assente che portava a casa il suo amante come fosse un membro della famiglia.

I rapporti col padre s’incrinarono, anzi si spezzarono, nel momento in cui egli chiese ad Alan di andare in Russia con lui e lasciare gli Stati Uniti ed Alan rispose con un secco e deciso “no”. Tuttavia niente riusciva a distoglierlo dalla sua passione e scrivere era il più dolce momento della sua giornata.

Prima di raccontarci la sua storia, Lelchuk ha cercato di delineare i caratteri di uno scrittore e cosa uno scrittore deve assolutamente fare per essere tale. All’inizio ci ha detto : “all the great writers write about themselves” ( tutti i grandi scrittori scrivono di se stessi) e che un ingrediente fondamentale è l’“egoismo” – “selfish to give experience importance and to find time to write and to read” (egoista per dare importanza alla propria esperienza e per trovare il tempo di scrivere e di leggere).

Le storie di Alan Lelchuk partono sempre dalla realtà e poi continuano nell’invenzione, per lui è molto importante partire dalla realtà anche se dice che “there is not one truth” (non esiste una sola verità); ma la realtà e la verità dalle quali lo scrittore parte sono le proprie, e poi “the invention comes in time” (l’invenzione viene man mano)…

Questo suo pensiero non è altro che il frutto di una riflessione sui grandi scrittori della storia internazionale – Svevo, Hemingway, Melville, Baudelaire – che così hanno fatto.

Nella parte conclusiva dell’incontro il prof. Alan si è soffermato molto su due autori che come lui conoscono la cultura ebraica da vicino e la Russia, che gli appartiene nonostante tutto: Saul Bellow e Isaac B. Singer, due scrittori accomunati dal fatto di essere “immigrants” (immigrati), l’uno figlio di ebrei russi, l’altro polacco.

Bellow scrive usando diverse lingue e dando ad ogni lingua la propria identità: sia essa yiddish, francese, inglese, russo porta con sé la forza della propria origine inventando anche un nuovo stile, semplice ma complesso nella sua profondità e nel suo legame con le diverse culture (dall’ebraica, all’europea, all’americana) e basato sull’osservazione della realtà così com’è e sull’analisi del rapporto tra l’individuo e la società nel dopoguerra.

Infine abbiamo colto qual è il mezzo per giungere ad una piena maturità letteraria e non solo..: il segreto è di non allontanarsi dalla realtà, di non fuggirla anche quando pesa e di fare di qualsiasi esperienza, sia essa per noi la più banale di tutte, un pezzo di storia, dandole importanza perché sia importante anche per il lettore.


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