Maurizio Galletta doveva stare dietro le sbarre ma, grazie all'aiuto di numerosi camici bianchi, viveva al residence Delfino di Vaccarizo, percependo pure la pensione d'invalidità. Alcuni dei professionisti indagati lavorano nel nosocomio etneo. «Secondo me passeranno guai», diceva un cardiologo. Guarda il video
Boss da otto anni a casa grazie a medici complici Dottori del Policlinico aggravavano le patologie
Doveva stare dietro le sbarre a scontare una condanna all’ergastolo per tre omicidi. Ma da otto anni viveva nel confort domestico, all’interno del residence Delfino di Vaccarizzo, percependo pure i sussidi previdenziali che spettano agli invalidi. Per Maurizio Galletta oggi si sono riaperte le porte del carcere, grazie all’inchiesta Lazarus della Direzione investigativa antimafia su delega della procura di Catania. Con il boss sono indagati una decina di persone tra cui spiccano numerosi medici catanesi, molti dei quali interni all’azienda ospedaliera Policlinico. Professionisti di strutture private e pubbliche che avrebbero aggravato il quadro sanitario di Galletta per consentirgli di stare fuori dai penitenziari, dove avrebbe dovuto scontare alcune condanne definitive per omicidi e mafia. Il boss è un volto noto del panorama giudiziario locale e si è reso protagonista, con l’aiuto del capomafia e cugino Maurizio Zuccaro, dell’omicidio di Salvatore Vittorio. I resti dell’uomo vennero ritrovati nel 2011 dentro un pozzo alla periferia di Catania. Gallettai si è macchiato, ed è stato condannato, anche del duplice omicidio di Angelo Di Pietro e Giulio Magrì.
Dal 1996 Galletta è diventato una sorta di girovago degli istituti penitenziari. In 12 anni ha cambiato 17 strutture, venendo sottoposto a numerose visite specialistiche per il suo stato di salute. Fino al luglio del 2008, quando il killer mafioso riesce a ottenere la scarcerazione mentre si trovava in carcere a Parma. Le sue condizioni, secondo i giudici del tribunale di sorveglianza di Bologna, «non erano conciliabili con il regime carcerario». Da allora Galletta è tornato a casa, dentro il residence Delfino di Vaccarrizo. Le indagini degli inquirenti etnei, partite nel 2015, avrebbero accertato come il boss sia riuscito ad accentuare le patologie di cui soffre grazie all’aiuto di alcuni medici. I camici bianchi complici avrebbero avuto il compito di certificare l’aggravio delle condizioni di salute così da fargli usufruire di una serie di benefici, come quelli pensionistici. «Ha percepito dall’Inps qualcosa come 200mila euro in undici anni – spiega Renato Panvino della Dia di Catania -, tra pensione civile e indennità di accompagnamento».
Galletta è stato monitorato in tutti i suoi spostamenti, in particolare quelli dalla sua abitazione di Vaccarizzo al Policlinico di Catania. Grazie alle telecamere si vede l’uomo uscire prima sulle sue gambe, pulendo l’androne di casa o accompagnando fuori il cane, e subito dopo seduto sopra una sedia a rotelle. Ad aiutarlo ci sono la moglie e una delle due figlie. In alcuni casi a guidare la Toyota Yaris rossa di famiglia è lo stesso Galletta, ripreso anche nei pressi del nosocomio mentre esce ed entra senza sedia a rotelle. In un’intercettazione telefonica è proprio un cardiologo a spiegare al suo interlocutore la situazione del paziente: «Secondo me passeranno guai quelli che praticamente hanno scritto che questo è paralizzato, potrebbero passare guai quelli che hanno scritto che ha una grave insufficienza respiratoria. Se decidono di fargli fare degli esami in un ospedale militare la patologia viene a cadere». Il professionista spiega che «questo tipo di gente ha imparato a respirare a modo, per fare sentire una cosa che non c’è, imitando i broncospasmi».
Lo stesso Galletta in una conversazione ambientale si vantava della sue messe in scena «Ieri hai fatto il professionista?», gli chiede una persona. Il boss risponde compiaciuto: «Iu? Ci nascii professionista». Un esperto attore che conosce anche le buone maniere: in un’occasione, in cambio dei favori ricevuti, avrebbe donato ai medici ceste stracolme di frutta. In un video diffuso dalla Dia si vede una parente dell’arrestato uscire dal comparto 10 del Policlinico – dove vengono svolti gli esami legati all’invalidità civile e alle questioni pensionistiche – insieme a un medico. I due si avvicinano alla macchina di Galletta da dove viene tirato fuori il regalo. Durante le indagini sono emersi indizi anche a carico del cognato del killer, Rosario Testa e del nipote Francesco Testa. Quest’ultimo nel maggio 2015 avrebbe sparato ad alcuni parenti per una storia di debiti. Nell’elenco dei presunti complici del santapaoliano c’è pure un cittadino rumeno, M.D.A., che avrebbe avuto il compito di avvertirlo quando le forze dell’ordine si recavano al residence di Vaccarizzo. Ipotesi di intestazione fittizia di beni invece per Antonino Luigi Ragusa e Carmelo Spampinato. Presunte teste di legno che per conto di Galletta avrebbero gestito un distributore di benzina con annesso bar a San Giovanni La Punta e uno nei pressi di Acitrezza.