Dopo la revoca degli arresti domiciliari, parla il sacerdote di Siracusa accusato di aver favorito l'immigrazione clandestina: «Ci sarà un processo. E voglio che si svolga perché farà emergere la verità». I suoi legali: «Don D'antoni ha solo firmato attestazioni di ospitalità in parrocchia a stranieri richiedenti asilo, dimostreremo la liceità della sua condotta»
Bosco Minniti, Padre Carlo torna libero
«Sono stato accusato di reati gravissimi. Mi ha sostenuto l’attestazione di stima proveniente da ogni parte d’Italia. Senza quest’ultima sarei sprofondato nella solitudine nera». Così ha affermato ieri Carlo D’antoni, parroco della chiesa Bosco Minniti di Siracusa, all’indomani dalla sua scarcerazione, durante una conferenza stampa tenutasi all’interno della parrocchia in presenza di Sofia Ammodio e Marzia Capodieci, suoi legali. Coinvolto in un’inchiesta che lo ha visto indagato per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento della illecita permanenza di stranieri nel territorio italiano, falso ideologico e false dichiarazioni a pubblico ufficiale, per lui i giudici del tribunale del Riesame di Napoli hanno annullato il provvedimento di custodia agli arresti domiciliari, emesso lo scorso febbraio dal Gip catanese, confermato poi da quello campano. «Padre Carlo non è stato mai indagato per reati di sfruttamento della prostituzione. Né di riduzione in schiavitù. Non risulta nelle indagini e neanche nell’ordinanza che lo poneva agli arresti domiciliari. La condotta imputatagli è quella di avere firmato attestazioni di ospitalità per stranieri che dovevano avanzare le domande di asilo politico. False, secondo l’accusa, perché gli stranieri non risiedevano stabilmente nella parrocchia. E padre Carlo non ha mai affermato che vi risiedessero» spiega la Ammodio. «I migranti mantenevano l’indirizzo della parrocchia fino a quando non riuscivano a trovare una loro stabilità lavorativa e abitativa. In ogni caso alcuni rimanevano per mesi. Altri per giorni. Padre Carlo forniva loro un recapito in Italia. E per la questura era un punto di riferimento per rintracciare i migranti. Ciò che lui faceva non è un’esperienza isolata. Anche il centro Astalli di Roma, o di Catania lo hanno fatto. E anche la comunità di Sant’Egidio. L’annullamento di custodia cautelare che lo ha reso libero ci sostiene in ciò che noi abbiamo sempre creduto, cioè la sua estraneità a tutti i reati contestatigli» spiega la Capodieci. In cancelleria è stato depositato solo il provvedimento di annullamento degli arresti domiciliari. Ma non le motivazioni che hanno indotto i giudici a sconfessare l’operato del Gip. «In questi casi il tribunale scarcera perché non ci sono indizi. Ma il nostro assistito rimane comunque indagato» afferma la Ammodio. Assenza di indizi di cui probabilmente è prematuro parlare, vista l’impossibilità di riscontro. «Credo che il motivo per cui è stato scarcerato risieda nel fatto che per ottenere un permesso di soggiorno, per richiesta d’asilo politico, non è prevista, dal comma 6 articolo 9 del testo unico sull’immigrazione, la disponibilità dell’alloggio. E questo lo leggeremo nelle motivazioni del tribunale che però non saranno immediate» continua la Ammodio.
Oltre la misura coercitiva di padre Carlo, è stata annullata anche quella emessa a carico della cinese Zhang Lingqn. Confermata invece la misura cautelare degli arresti domiciliari per l’avvocato Aldo Valtimora, Antonino De Carlo e per i nigeriani Dafe Million Towor e Mike Eke. Durante la conferenza, molte sono state le domande dei giornalisti presenti. A tutti Carlo D’antoni ha risposto ribadendo quasi sempre nello stesso modo: «Ci sarà un processo. E voglio che si svolga perché farà emergere la verità». E a noi, in attesa dell’inizio e della conclusione del processo, non rimane altro che attenderla.