Era il 21 luglio di 40 anni fa, il vice questore Giorgio Boris Giuliano si trovava al bar Lux in via Francesco Paolo di Blasi, aveva appena preso il caffè quando venne avvicinato da Leoluca Bagarella che, a distanza ravvicinata, gli sparò alla schiena sette colpi di pistola, stroncando la sua vita ad appena 49 anni. È passato quasi mezzo secolo da quando il poliziotto originario di Piazza Armerina portò un vento nuovo nella questura palermitana. Un vento fatto di modalità investigative d’avanguardia, con quel fiuto per le indagini che sempre gli sarà riconosciuto. Giuliano infatti è stato il primo poliziotto italiano a specializzarsi alla National academy dell’FBI in Virginia. Non a caso sarà il primo e uno dei maggiori investigatori a sgominare i traffici di contanti e droga tra la mafia italiana e quella statunitense, introducendo innovazioni assolute per i metodi investigativi dell’epoca come le indagini sui conti bancari o l’attenzione a non alterare la scena di un crimine.
Le sue indagini, condotte appunto con metodi innovativi e una determinazione fuori dal comune, lo relegarono tuttavia all’interno di una cerchia abbastanza isolata di funzionari dello Stato che, a partire dalla fine degli anni Settanta, iniziarono un’autentica lotta contro la mafia, dopo i tanti, troppi processi passati conclusi con un nulla di fatto per mancanza di prove. E ha fatto un certo effetto vedere, pochi giorni fa, gli ultimi capi – o presunti tali – del clan Inzerillo – una famiglia mafiosa legata a doppio filo con gli Stati Uniti, che al massimo del suo potere criminale, durante gli anni Settanta, vedeva in Giuliano il suo più acerrimo avversario – uscire uno per volta in manette dalla palazzina che ospita gli uffici della squadra mobile, proprio accanto alla grossa lapide marmorea che ricorda il vice questore. «Arrestare gli Inzerillo, i perdenti, che erano il pane quotidiano di Boris Giuliano, credo che sia una soddisfazione non da poco per un poliziotto» diceva il giorno dell’arresto il questore di Palermo Renato Cortese, una dedica molto sentita, che ha trovato sponda anche tra i vertici della procura palermitana.
E anche per questo le celebrazioni previste per domani, in un anniversario così importante, assumono un sapore particolare. Alle 09:00 di domani è prevista una cerimonia commemorativa, con la deposizione di una corona di alloro nel luogo dell’attentato in via Francesco Paolo Di Blasi e, a seguire, la celebrazione di una messa di suffragio presso la cappella della Soledad, limitrofa ai locali della questura, in salita Antonio Manganelli. La sera del 22 luglio, invece, alle 20.30, all’interno del chiostro seicentesco della questura, andrà in scena una rappresentazione teatrale dedicata alla figura umana e professionale di Giuliano, dal titolo Diario di un tramutato sorriso, curata dal regista e drammaturgo palermitano Vincenzo Pirrotta. L’autore, ispirandosi ad un’intervista rilasciata alla Rai dalla Maria Ines Leotta, vedova di Boris Giuliano, subito dopo dell’attentato, rappresenta il testo di cinque lettere immaginarie scritte dalla moglie al marito Boris, che ne raccontano gli ultimi cinque giorni di vita. La lettera conclusiva è immaginata, invece, come scritta dopo la sua morte dal marito alla moglie.
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