Francesco Palana è accusato di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio. È lui l'agente di polizia finito in manette oggi nel blitz Adranos, contro la famiglia mafiosa attiva nel territorio da cui l'inchiesta prende il nome. Nell'indagine, oltre alla droga, anche rapine e furti con escavatore. Guarda foto e video. Tutti i nomi
Blitz ad Adrano, tra gli arrestati anche un poliziotto Accordo tra i clan Santangelo e Scalisi per il pizzo
Anche un poliziotto. Tra le persone arrestate oggi nel blitz Adranos della squadra mobile di Catania, c’è pure un collega degli agenti. In servizio al commissariato di Adrano, col ruolo di assistente capo, Francesco Palana (classe 1973) è accusato di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Il componente delle forze dell’ordine, adesso sospeso dal servizio, si sarebbe approvvigionato di droga tramite Salvatore Crimi, detto Turi ‘u cani, classe 1986, ritenuto uomo di fiducia del boss Alfio Santangelo. Il 26 aprile 2016, quando gli uomini della squadra mobile lo hanno fermato, Palana stava passando dal casello di San Gregorio, sulla A18 Messina-Catania: nella sua auto ci sarebbero stati 9,2 grammi di cocaina nascosti in un cofanetto. Adesso per lui si sono aperte le porte del carcere, dopo gli arresti domiciliari a Terme Vigliatore (in provincia di Messina).
Ma questo è solo uno dei dettagli dell’operazione resa nota questa mattina. I destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare sono, in tutto,
33. Ma quattro non sono ancora stati presi: due si trovano all’estero, e altri due sono latitanti e, attualmente, ricercati. Le indagini sono durate due anni: da settembre 2014 a quello del 2016 le intercettazioni telefoniche e ambientali sono servite, per gli inquirenti, a ricostruire l’organigramma della cosca Santangelo Taccuni, storicamente alleata della famiglia Santapaola-Ercolano. Nel 2015 gli arresti di Antonino Quaceci e Nino Crimi avrebbero costretto il clan – storicamente diretto dal capomafia Alfio Santagelo – a riorganizzarsi: il controllo delle attività sul territorio sarebbe passato a Gianni Santangelo e a Salvatore Crimi. Sarebbero stati questi ultimi a trarre i primi frutti dell’accordo con gli avversari di sempre: il clan Scalisi, vicini alla famiglia mafiosa dei Laudani.
Il patto sarebbe stato semplice:
il mercato ortofrutticolo sarebbe stato gestito da entrambe le famiglie. Pizzo agli imprenditori del settore e a quelli attivi nel commercio all’ingrosso delle carni. E poi le estorsioni a imprese adranite e rapine e furti, anche alle banche. In questo quadro andrebbe vista la collaborazione tra Antonino Bulla, Antonino La Mela, Pietro Maccarrone e Nicola Amoroso (questi ultimi due finiti in manette l’11 luglio, nel corso dell’operazione Illegal duty): avrebbero chiesto il pizzo al titolare di un’impresa di estrazione di materiale lavico, con sede ad Adrano. Ma gli spari davanti all’azienda non sarebbero bastati a fare cedere l’imprenditore, che si sarebbe comunque rifiutato di pagare. Altro giro, altra corsa: Nicola D’Agate e Andrea Palmiotti avrebbero chiesto a un altro imprenditore di pagare 31mila euro. E sarebbero stati più convincenti dei precedenti: mille euro sarebbero stati versati in contanti e 30mila euro tramite assegno postale.
Nell’inchiesta c’è poi un intero capitolo che si svolge a
Santa Maria di Licodia. Era il 23 gennaio 2015 quando Nicolò Trovato, Francesco Rosano e Maurizio Pignataro, su ordine di Nino Crimi, sarebbero andati all’interno dell’abitazione di una donna. Il compagno di lei sarebbe stato colpito ripetutamente alla testa con il calcio di una pistola finché la proprietaria di casa, che assisteva alla scena insieme alla madre – entrambe sotto minacce -, non ha rivelato il luogo in cui si trovava la cassaforte: dentro c’erano 480mila euro. Nella notte del 25 dicembre dello stesso anno, Trovato e Pignataro avrebbero poi tentato un altro colpo da migliaia di euro: stavolta ai danni della filiale del Banco popolare siciliano. Assieme a due complici avrebbero prima bloccato le strade nei pressi della banca e poi avrebbero usato un escavatore per scardinare il bancomat. Una refurtiva da 75mila euro, se non fossero stati arrestati in flagranza. I mezzi che avevano usato sono poi risultati rubati.
L’elenco degli arrestati
Alfio Santangelo (classe 1953), detto Taccuni, pregiudicato e già detenuto;
Antonino Quaceci (classe 1970), detto Topo grigio, pregiudicato e già detenuto;
Nino Crimi (1980), detto ‘U ricuttaru, pregiudicato e già detenuto;
Salvatore Crimi (1986), detto Turi ‘u cani, pregiudicato e già detenuto;
Gianni Santangelo (1983), detto Giannetto, pregiudicato;
Antonino Bulla (1983), detto ‘U picciriddu, pregiudicato;
Giuseppe La Mela (1973), detto Pippu Tarantella, pregiudicato e già sorvegliato speciale;
Antonino La Mela (1975), detto Nino Tarantella, pregiudicato;
Vincenzo Bulla (1994);
Rosario Galati Massaro (1994), detto Spara frecce, pregiudicato;
Nicola D’Agate (1989), pregiudicato e già detenuto;
Nicolò Trovato (1991), detto Bulldozer, pregiudicato;
Maurizio Pignataro (1977), detto ‘U sceriffo, pregiudicato e già ai domiciliari;
Nicolò Rosano (1980), detto Pipituni, pregiudicato;
Vincenzo Rosano (1968), detto Pipituni, pregiudicato e già sorvegliato speciale;
Francesco Rosano (1990), detto Pipituni, pregiudicato e già detenuto all’estero;
Salvatore Sangrigoli (1997), pregiudicato e già agli arresti domiciliari;
Salvatore Quaceci (1992);
Marco Ricca (1990), pregiudicato;
Andrea Palmiotti (1979), pregiudicato;
Francesco Palana (1973), già ai domiciliari;
Ignazio Vinciguerra (1965), detto ‘Gnaziu a cascia, pregiudicato;
Antonino Foti (1993), detto Nino ‘u sceccu, pregiudicato;
Vincenzo Nicolosi (1989), detto Bafacchia, pregiudicato;
Alfredo Pinzone (1964), pregiudicato e già detenuto;
Nicola Mancuso (1982), pregiudicato e già detenuto;
Biagio Trovato (1990), pregiudicato e già detenuto;
Angelo Pignataro (1988), pregiudicato e già detenuto;
Luigi Leocata (1970).