Bimbo nudo e con collare chiuso in gabbia Don Di Noto: «Nel 2015 dati sconvolgenti»

C’è un bambino biondo di circa sei anni, di carnagione chiara, chiuso in una gabbia. In bocca ha uno strumento usato nel bondage e un collare. Una mano esce dalle sbarre e batte a terra facendo rumore, come a chiedere di essere liberato. È l’ultimo video choc – di cui è stato reso pubblico un fermo immagine – intercettato dall’associazione antipedofilia Meter di don Fortunato di Noto. Fa parte di un gruppo di dodici video che stamattina il sacerdote di Siracusa ha consegnato alla polizia postale di Catania. «Le persone si commuovono per le immagini del bambino morto su una spiaggia della Grecia o per quelli che soffrono in Siria o in Africa – spiega -. Noi giustamente non possiamo far vedere i contenuti che troviamo, ma così non riusciamo a far comprendere che la pedopronografia è un crimine contro l’umanità».

I numeri sono impressionanti: nel 2014 l’associazione Meter ha segnalato agli enti competenti 700mila files, che vedono coinvolti 450mila bambini. In queste settimane stanno elaborando i numeri del 2015 che, anticipa don Di Noto, «sono sconvolgenti e in forte crescita». Nella denuncia presentata stamane «sono coinvolti diversi bambini piccolissimi, a occhio tra i sei e gli otto anni, in un video è visibile in faccia anche l’abusatore, un uomo dai tratti occidentali, che riprende le parti intime del bambino». Non si sa dove sono stati girati questi video. I professionisti dell’associazione hanno intercettato alcuni pedofili che parlavano in chat del materiale che poi si scambiavano sul servizio di condivisione online Dropbox. «È così nella maggior parte dei casi – precisa il sacerdote -. Se le segnalazioni riguardano l’Italia, la nostra polizia postale fa sempre un gran lavoro. Ma il fenomeno è globale e spesso all’estero non c’è la stessa consapevolezza e la stessa capacità di indagine, o manca la collaborazione internazionale, soprattutto nei Paesi dell’est Europa». 

Da 25 anni l’ufficio Omoscop dell’associazione Meter – grazie a un protocollo ufficiale con il ministero dell’Interno – monitora il flusso, la produzione, l’immissione, la detenzione, lo scambio di materiale pedopornografico, a volte anche i dialoghi tra pedofili. «In queste settimane abbiamo segnalato anche diversi profili Twitter da cui non solo adescavano minorenni, ma su cui venivano caricati anche file», racconta don Di Noto che denuncia: «Molti hanno la percezione che il fenomeno sia confinato a soggetti perversi o squilibrati, ma non è così. Spesso dietro a quelle che sono vere e proprie riduzioni in schiavitù ci sono organizzazioni criminali che traggono profitti dalla pedopornografia».


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