Bianco in Antimafia, tra silenzi e non ricordo Nuti (M5s): «Pinocchio è più sincero di lui»

Un
confronto delicato, riservato soltanto a parlamentari e senatori, ricco di tensionesilenzi e tante mancate risposte. Sono questi i tratti salenti dell’audizione del sindaco di Catania Enzo Bianco questo pomeriggio davanti alla commissione nazionale antimafia. Il primo cittadino è stato convocato a Roma, negli uffici di palazzo San Macuto, per chiarire i termini di una telefonata intercettata il 18 aprile 2013 con Mario Ciancio Sanfilippo, editore ed ex direttore del quotidiano La Siciliaallora indagato per concorso esterno alla mafia e poi prosciolto. Soltanto un giorno prima di quella conversazione il consiglio comunale etneo approvava il Pua, acronimo del piano urbanistico attuativo Catania sud, un mega affare da 300 milioni di euro da realizzare alla Playa. La trascrizione celerebbe, secondo gli inquirenti, la serietà di un presunto impegno assunto dall’allora candidato sindaco nei confronti di Ciancio. Il padrone dell’informazione cittadina proprietario di circa il 30 per cento dei terreni su cui verrà realizzato il progetto, sul quale pesano l’ombra di mafia e speculazione edilizia.

«
Possiamo definirlo un sindaco che non sa nulla», è il commento di Riccardo Nuti, deputato del Movimento 5 stelle e componente dell’organismo parlamentare d’inchiesta. Come lui, i colleghi siciliani e catanesi che siedono in commissione sono stati i primi ad arrivare all’appuntamento di oggi. Dopo la lettura dell’intercettazione, Bianco avrebbe giustificato la chiamata collegandola all’apertura della campagna elettorale. Una risposta, già data anche durante l’intervista via email realizzata con il nostro giornale, ma che in realtà occupa soltanto le battute finali del colloquio intercettato. «Abbiamo chiesto espressamente a cosa si riferiva il sindaco, parlando con Ciancio, quando ha pronunciato quel “come ti avevo detto“». Un passaggio chiave che Bianco avrebbe però aggirato con una mancata risposta e una nuova rivelazione. «Il primo cittadino ha detto che quando ha chiamato Ciancio – spiega a MeridioNews Nuti – non sapeva dell’indagine nei confronti dell’editore». L’inchiesta da parte della Procura di Catania aveva però la sua genesi nel lontano 2009 ed è finita al centro delle cronache nazionali e locali in tutte le sue fasi. Quattro anni prima della telefonata con Bianco, l’editore veniva iscritto nel registro degli indagati per la realizzazione del centro commerciale Porte di Catania. Un’opera imponente che avrebbe attirato interessi convergenti, compreso quello di Cosa nostra.

Tra le domande riecheggiate negli uffici romani anche quelle relative alla
relazione delle commissione regionale antimafia presieduta da Nello Musumeci. Un documento di 17 pagine che contiene nomi e cognomi dei consiglieri comunali e di municipalità etnei sui quali pesa l’ombra di Cosa nostra. «Il sindaco ha spiegato di non conoscerne il contenuto, dicendo espressamente di non voler rispondere senza un preliminare approfondimento». Secondo l’agenzia Agi Bianco avrebbe anche criticato l’operato di Musumeci: «Le modalità lasciano un po’ perplessi – ha detto in aula -, questa è anche l’opinione della magistratura catanese».  L’ennesima risposta mancata che ha portato Nuti a chiedere al primo cittadino se non fosse il caso di farsi da parte, lasciando la poltrona di Palazzo degli elefanti: «Dovrebbe dimettersi – chiosa il deputato – considerato che cinque degli otto nomi contenuti in quella relazione sono di personaggi che sostengono l’attuale maggioranza di Bianco». 

La parte finale dell’audizione è stata riservata a chiarire alcuni comportamenti politici dell’
attuale vicesindaco Marco Consoli. In relazione al Pua, secondo la commissione nazionale, sarebbero poco chiare alcune scelte dell’ex esponente del Movimento per le autonomie di Raffaele Lombardo, che nel 2013 era presidente del consiglio durante l’amministratore di Raffaele Stancanelli. «Abbiamo chiesto se in quel periodo Bianco sapesse che Consoli era favorevole al progetto, ma anche qui non abbiamo ricevuto una risposta concreta». Il silenzio del sindaco sarebbe stato avallato, a detta di più di un componente dell’organo parlamentare, anche dalla presidente Rosy Bindi, del Partito democratico: «Gli ha permesso di prenderci in giro con le sue mancate risposte». I titoli di coda in questa storia sembrano ancora lontani. Nel prossimo ufficio di presidenza a Roma finiranno sulle scrivanie nuove richieste d’audizione. Tra i nomi dell’elenco c’è proprio quello di Consoli, oltre alla prefetta etnea Maria Guia Federico


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