A 15 mesi dal sisma, i lavori sono stati completati. A finanziarli sono stati privati cittadini e aziende locali. Si parla di una cifra che si aggira tra i 150 e i 200mila euro. Oggi pomeriggio la messa verrà celebrata dall'arcivescovo Salvatore Gristina
Biancavilla, riapre la basilica chiusa dopo il sisma Prete: «Per fondi da enti avremmo atteso 5 anni»
A quindici mesi dal terremoto del 6 ottobre del 2018 alle falde dell’Etna, riapre al culto la Basilica Collegiata Maria Santissima dell’Elemosina di Biancavilla. La chiesa, così come altre decine della diocesi di Acireale e di Catania, era stata chiusa a causa del sisma di magnitudo 4.8. L’edificio sacro biancavillese, nello specifico, aveva subito danni alle volte laterali e alla cupola centrale.
Diverse le crepe piuttosto vistose che erano comparse, infatti, anche nella cappella di San Placido. Molti i calcinacci caduti lungo i corridoi, sia in quello centrale che in quelli laterali, e anche nel presbiterio e sull’altare. Una situazione che obbligò il sindaco Antonio Bonanno a disporre l’ordinanza di chiusura fino a quanto non sarebbero stati realizzati gli interventi di messa in sicurezza.
In meno di nove mesi, grazie a somme provenienti dai fedeli, dal parroco Pino Salerno e da tante aziende del territorio, i lavori sono stati eseguiti e oggi pomeriggio l’arcivescovo di Catania Salvatore Gristina celebrerà la messa che ufficializza la riconsegna della chiesa. Le tegole che erano scivolate sono state sistemate, le crepe riparate, il consolidamento effettuato e si è anche proceduto al rifacimento della tinteggiatura interna. I restauri necessari sono stati eseguiti con il coinvolgimenti di Comune, protezione civile, ufficio dei Beni culturali della curia metropolitana, Soprintendenza dei beni culturali e anche con il supporto delle maestranze locali.
Un restyling che, stando a quanto trapelato finora, sarebbe costato tra i 150 e 200mila euro. Cifra sulla quale padre Salerno ha preferito non esprimersi. «I lavori sono stati eseguiti senza finanziamenti né dello Stato italiano né dalla Conferenza episcopale italiana – sottolinea il parroco – Se avessimo dovuto attendere somme dagli enti preposti per effettuare gli interventi, ritengo che prima di cinque anni la Basilica non avrebbe riaperto».