Beni culturali, i giovani professionisti reclamano diritti «Assunzioni ferme dal 2004, solo stage e volontariato»

«Come Picasso, vogliamo decostruire la narrazione della bellezza». Vola alto l’archeologo Andrea Incorvaia per spiegare le origini del movimento Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali. Ieri a Palermo, all’interno di Cre.zi plus (uno degli ultimi spazi dei Cantieri Culturali alla Zisa tornato a nuova vita), il primo incontro in Sicilia nato due anni che si batte per ottenere un radicale cambiamento del mercato del lavoro nel settore, appunto, dei beni culturali. E non a caso il movimento ha scelto di presentarsi proprio a Palermo, che nell’anno del riconoscimento ministeriale di Capitale della cultura e dell’avvio a breve della biennale d’arte contemporanea Manifesta sta vivendo certamente un deciso fervore. Ma è tutto oro quel che luccica? Quali sono le prospettive ad esempio per chi ad esempio vuole lavorare nei musei o nelle chiese o in ogni caso all’interno dell’enorme patrimonio culturale (la Sicilia è la regione col maggior numero di siti Unesco)?

«Ben poche – sorride amaramente Giulia Ranieri, studentessa all’università di Palermo -. È molto difficile avere un qualsiasi sbocco lavorativo. Per la maggior parte si tratta di stage o tirocini non pagati, comunque di precarietà per anni e anni. Le uniche offerte concrete per noi sono all’estero. E spesso poi sono gli stessi professionisti a sminuire il nostro settore». Il movimento dei professionisti ha presentato negli scorsi mesi a Montecitorio una proposta di legge per regolamentare il volontariato culturale. Un modello che a Palermo, tra Le Vie dei Tesori e le giornate Fai, è ormai diventato realtà e viene fortemente sponsorizzato.

Il motivo lo spiega Andrea Incorvaia. «Non siamo contro i volontari tout cort – dice l’archeologo – ma contro il volontariato che sostituisce i professionisti. Non dimentichiamo che il ministero dei beni culturali è stato il primo laboratorio di precarietà in Italia, e anche recentemente è nel nostro settore che si è sperimentato per primo il Job’s act. Ma noi siamo figure fortemente specializzate: abbiamo lauree, master, mille esperienze in giro per il mondo. E allora penso che la fuga dei cervelli di cui si parla in Italia è una grande cazzata, perchè quelli che vanno a Londra o a Berlino poi finiscono a fare i camerieri». 

All’incontro di ieri del movimento Mi riconosci? l’ospite d’onore era l’assessore al ramo Sebastiano Tusa. Già soprintendente del mare, e comunque con una decennale esperienza nella gestione dei beni culturali, è certamente una figura competente (un fatto ormai raro in questo settore). Quali sono le priorità dunque del governo Musumeci in merito? «Certamente giungere a una corretta e normale gestione del settore – dice Tusa -. C’è stato negli anni un continuo assottigliamento di dirigenti e tecnici, ma così la macchina stenta a ripartire. E poi ci sono stati tanti pensionamenti e pochi concorsi». Come ricorda lo stesso Incorvaia «l’ultimo concorso è stato nel 2000, e quelli delle grande infornate degli anni ’80 andranno presto in Sicilia, è necessario il turnover». Peccato che da Roma da tempo si è imposto per la Regione Siciliana il blocco delle assunzioni: anche se le figure tecniche specifiche continuano a mancare, anche se il personale dei beni culturali è spesso non qualificato e frutto di partecipate che sono carrozzoni di un fritto misto che non fa bene ai tanti monumenti e reperti della Sicilia. Che fare allora?

«Non è facile – continua l’assessore -, il presidente Musumeci si adopererà per avere dallo Stato delle deroghe proprio per il nostro ambito. Ormai si è capito che l’unica vera industria in Sicilia è la cultura, e dunque il turismo. L’hanno capito persino ad Agrigento, dove fino a 20 anni fa ci si ribellava contro il parco archeologico perchè avrebbe tolto spazio ai proprietari terrieri. Ora in città tutti guardano alla Valle dei Templi». E sul tema del volontariato, sollevato dai giovani professionisti? «È un dilemma: da un lato il volontariato è fondamentale e c’è in tutto il mondo, dall’altro c’è stato un abuso che crea inevitabili conflitti. Ci vuole equilibrio, per non creare una guerra tra poveri. Ma il volontariato resta importante: fidelizza la società civile, è un anello di trasmissione tra i monumenti e le persone, perchè il miglior modo per tutelare i beni culturali è acquisirne competenza e conoscenza».

Dopo la prima tappa a Palermo, che per il movimento è servita anche per fare scouting, gli intenti futuri vengono annunciati da Incorvaia. «Al momento siamo sulla difensiva, reclamando i nostri diritti, ma prima o poi attaccheremo. Il turismo culturale è cresciuto dell’11 per cento, senza soldi dello Stato e in un periodo oggettivo di crisi. Figurarsi se dovesse diventare una priorità».


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