Benedetto XVI: un primo bilancio ad un anno dall’elezione

1° PARTE

 

Erano da poco trascorse le 17.56 del 19 Aprile 2005, quando dal comignolo della Cappella Sistina iniziava a fuoriuscire un fumo grigiastro che, via via che passavano i minuti, diventava sempre più chiaro, era stato eletto il Papa: Joseph Ratzinger, già Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede durante il Pontificato di Giovanni Paolo II. Una fumata sofferta visto che “dopo l’elezione sono stati necessari due tentativi per ottenere la fumata bianca – come testimoniato dal cardinale olandese Adrianus Simonis – perché il comignolo della stufa non tirava e c’è stato un momento in cui tutta la Cappella si è riempita di fumo”.

 

Ma un’elezione all’apparenza senza storia, visto che sono serviti appena quattro scrutini a Ratzinger per superare il quorum dei 77 voti necessari. L’unico antagonista all’elezione di Ratzinger sembra essere stato l’arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Bergoglio, che dovrebbe aver raggiunto la soglia dei 40 voti, utili per frenare la continua ascesa verso l’elezione del cardinale tedesco, così come testimoniato dal diario di un cardinale, concesso al vaticanista del TG2 Lucio Brunelli.

Un’elezione tuttavia favorita da un blocco pro-Ratzinger che già dalla prima votazione aveva mostrato una certa consistenza (47 voti). Sarà stato per la fama di integerrimo custode della tradizione, per lo stile con cui aveva gestito le Congregazioni generale prima del Conclave, sarà stato per le parole forti e inequivocabili usate durante l’omelia della Missa Pro Eligendo Romano Pontifice, fatto sta che già al quarto scrutinio il Decano del Sacro Collegio ricevendo 84 voti diventava  il 264° successore di Pietro, assumendo il nome di Benedetto XVI.

 

Sin dalla prima omelia da Papa in Sistina il 20 aprile, Joseph Ratzinger assumeva, come nuovo Pontefice, un impegno primario: “lavorare senza risparmio di energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo. Questa è la sua ambizione, questo il suo impellente dovere”.

Appare quindi chiaro come, sin da subito, Benedetto XVI sia sembrato intenzionato ad intensificare i rapporti con le Chiese Cristiane sorelle, confortato dai progressi dei suoi predecessori. Effettivamente già da alcuni decenni, la volontà di costruire il dialogo è progressivamente cresciuta; ma, come affermava Giovanni Paolo II nella sua enciclica Ut Unum Sint: “oltre alle divergenze dottrinali da risolvere, i cristiani non possono sminuire il peso delle ataviche incomprensioni che essi hanno ereditato dal passato, dei fraintendimenti e dei pregiudizi degli uni nei confronti degli altri. Non di rado, poi, l’inerzia, l’indifferenza ed una insufficiente conoscenza reciproca aggravano tale situazione”.

 

Ataviche incomprensioni, insufficiente conoscenza reciproca sembrano evocare soprattutto al difficile rapporto con la Chiesa Ortodossa. Inutile negarlo, avvicinamenti ve ne sono stati, soprattutto durante il pontificato d Wojtyla, ma le posizioni sono ancora distanti. Se da un lato abbiamo assistito all’apertura della Porta Santa a San Paolo insieme al metropolita Athanasios, rappresentante del Patriarcato Ortodosso di Costantinopoli e ai continui incontri tra il Papa e i patriarchi delle Chiese orientali, dall’altro vi è stato l’acuirsi di incomprensioni con il Patriarcato di Mosca. I problemi sono molteplici, ma come ci aiuta a capire Andrea Tornielli: “quello più importante è di natura teologica circa il Primato Petrino, ma quello che invece viene più spesso evidenziato riguarda l’accusa di proselitismo rivolta alla Chiesa Cattolica”.

Uno scoglio che appare insormontabile perché, come afferma Marco Tosatti: “La concezione del territorio religioso, propria della Chiesa Ortodossa russa, è geografica; per cui l’accusa di proselitismo scatta se qualcuno, nei confini geografici della Russia, della Bielorussia e dell’Ucraina,  si converte dall’Ortodossia o dall’ateismo al Cattolicesimo o al Protestantesimo”.

 

Se a ciò si aggiunge l’elevazione da parte della Santa Sede, di una Provincia ecclesiastica con quattro diocesi nel territorio della Federazione Russa, in passato cancellate da Stalin, e una certa diffidenza che Alessio II, Patriarca di Mosca, mostrava nei confronti del polacco Karol Wojtyla, il dissidio sembrava destinato a non trovare soluzione.

 

Un’ accusa all’apparenza inspiegabile visto, come afferma Tornielli che “rappresentanze ortodosse sono presenti nell’Occidente cattolico”.

Per Tosatti, “questo tipo di atteggiamento, che mal si concilia con il principio della libertà religiosa, così come è stato elaborato in Occidente, è forse frutto di un certo sentimento di debolezza”.

Tuttavia, ultimamente il dialogo tra le tre Rome sembra essere ripreso e, come afferma Tornielli: “sarà molto importante in questo senso ciò che Benedetto XVI dirà in Novembre durante la sua visita in Turchia quando incontrerà il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I. Per i rapporti con l’Ortodossia Russa non è possibile fare previsioni. Si sa che i rapporti sono migliorati dallo scambio epistolare tra Ratzinger e Alessio II. E’ necessario però precisare che la decisione di togliere al Papa il titolo di Patriarca di Occidente ha irritato sia il patriarcato di Mosca che quello di Costantinopoli”.

 

LEGGI LA II PARTE

 

 

Link:

 

Scambio epistolare tra Benedetto XVI e il Patriarca di Mosca Alessio II

 

Comunicato della Santa Sede circa la soppressione del titolo Patriarca d’Occidente 

 


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