«È questione di giorni e speriamo di poterlo già mettere al servizio dei senzatetto». A dare a MeridioNews la notizia fresca di giornata (quella di ieri per chi legge) è l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Catania Giuseppe Lombardo che, a sua volta, l’ha avuta poco prima dal suo collega Michele Cristaldi che ha la delega sui beni confiscati. Nello specifico, si tratta di quello di via Federico Delpino nel quartiere Librino che, già da tempo, avrebbe dovuto ospitare 25 delle persone che vivono per le strade di Catania. Con un ritardo di oltre un anno e mezzo, la gara per l’affidamento del servizio di accoglienza e sostegno psicologico ai senza dimora è stata assegnata alla Ati formata dalla Fondazione Ebbene e dalla sezione etnea di Croce Rossa che, però, non è ancora entrata in possesso dell’immobile. «Il passaggio dovrebbe avvenire a giorni – assicura l’assessore Lombardo – perché il consiglio di amministrazione del Consorzio etneo per la legalità e lo sviluppo ha finalmente deliberato la riconsegna».
Ma andiamo con ordine. Con una delibera di giunta dell’ottobre del 2012, il bene è stato conferito al Consorzio che, negli anni, lo ha affidato al Centro Astalli che, fino al 2019, ne ha fatto una casa di accoglienza per i migranti. Chiusa questa esperienza, lo stabile è rimasto vuoto e inutilizzato. Intanto, il Comune ha avviato un progetto per il riutilizzo, ha pubblicato un bando e ha chiesto la revoca del conferimento al Consorzio etneo. «Da marzo, ci risulta che la riconsegna sia stata messa all’ordine del giorno di vari Cda. Purtroppo, però – spiega Lombardo – finora, non era mai stata deliberata. Adesso, a giorni lo riavremo e speriamo sia già pronto per entrare in funzione». La struttura, confiscata nel 2002 a Nicolò Maugeri della famiglia mafiosa dei Santapaola, avrà 25 posti letto e anche un servizio di bagno e docce disponibile 24 ore su 24. Non solo il soddisfacimento di bisogni primari, nel progetto è prevista un’équipe multidisciplinare che si occuperà di accompagnare le persone verso «il raggiungimento della propria autonomia e la ridefinizione del proprio progetto di vita».
Intanto, anche durante il periodo della pandemia, tra sfratti del Comune di panchine e pensiline per «occupazione del suolo pubblico» e rimozione di quelle che l’assessore leghista Fabio Cantarella aveva definito «villette di cartone», molti senzatetto sono rimasti a vivere per strada. «Se ne contano almeno una settantina – dice a MeridioNews Dario Gulisano, responsabile Politiche abitative della Cgil e volontario di Arbor, unione per gli invisibili – e la preoccupazione è che comunque anche questi nuovi posti letto non basteranno». Per provare a colmare la differenza di quelli che resterebbero fuori, i volontari chiedono di «prorogare la deroga degli alloggi di transizione che, di base, sarebbero destinati solo alle famiglie ma che per il Covid sono stati aperti anche ai singoli». Altra questione che sta a cuore ai volontari è quella della residenza virtuale in via dell’Accoglienza per i clochard. «Abbiamo chiesto al Comune di centralizzare le procedure anche senza passare dalle associazioni – dice Gulisano – perché senza residenza le persone sono escluse da misure economiche come il reddito di emergenza, il reddito di cittadinanza e anche la pensione. Inoltre – conclude – non hanno accesso nemmeno al medico di base».
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