Banalmente Catania

C’è un tizio che conosco che ha vissuto per un periodo in Islanda. Lì tutto funziona. Le regole e le file si rispettano. Le strade sono pulite. I mezzi pubblici sempre puntuali. Lì, quel tale le regole le ha tenute in considerazione e, dopo il comprensibile disorientamento iniziale, si è abituato senza sbagliare neanche una volta, perché il catanese, si sa, è sveglio assai. Rimesso piede a Catania è ritornato ad essere quello di sempre. Posteggia sul marciapiede, non differenzia più l’immondizia, getta le cartacce dal finestrino, tanto la sua non è mica la prima… Quando arrabbiandomi gliel’ho fatto notare, mi ha detto che in Islanda se avesse fatto il “catanese” sarebbe stato una pecora nera, si sarebbe vergognato perché lì è tutto diverso. Qui invece, se non fosse com’è, sarebbe solo un fesso e un idealista che non ha il senso della realtà. Perché rispettare le strade, le piazze, le aiuole, le spiagge, gli scogli, le leggi e le persone, pensare che si possa fare la raccolta differenziata, a Catania è essere idealisti e non avere il senso della realtà.

I mali di questa città sono troppi e io voglio cominciare non dai malavitosi di Librino, Picanello e San Cristoforo, non dai sindaci menefreghisti e ladri e dai politici corrotti, ma dai catanesi medi. Quelli che altrove le regole le rispettano e qui le dimenticano. I catanesi medi che hanno smesso di pretendere. Non pretendono che i vigili facciano il loro lavoro, perché così possono posteggiare anche loro in seconda fila, senza rischiare, per comprare il pane e le sigarette. Non pretendono che il servizio sanitario funzioni, perché tanto un amico o un amico di un amico medico alla fine lo trovano. I catanesi medi che pensano a coltivare il loro orticello e che di fronte ai problemi della città fanno spallucce e incrociano le braccia, perché tanto il loro contributo sarebbe solo una goccia nel mare e le cose alla fine non cambiano. Però a lamentarsi sono bravi sempre, e anche a dire quant’è bella l’Islanda. Come se la povera Catania fosse altro da loro.
Se questi catanesi facessero la loro parte, se fossero meno egoisti, meno menefreghisti, meno codardi e meno pigri, credo che la tendenza allo sfacelo potrebbe essere invertita.

Immagino che tutta questa massa grigia si aggiungerebbe ai catanesi attivi e responsabili che conosco. Ai miei amici di Addiopizzo Catania, ragazzi che passano la maggior parte del loro tempo libero sensibilizzando coetanei e adulti di ogni età a non arrendersi alla piaga del racket delle estorsioni, e a coinvolgere e supportare i commercianti per creare una lista di esercenti che non pagano e che danno l’esempio a chi ancora non ha trovato la forza per ribellarsi. Ai miei amici di Step1 che, nella palestra di giornalismo che è la redazione, imparano a guardare la città con spirito critico e a raccontarla, con energia e passione. A quelli del Gapa, che non abbandonano San Cristoforo, a quelli dell’Iqbal Masih e del Talità Kum di Librino che danno un’alternativa ai nostri bambini. A quelli di CittàInsieme, giovani e “vecchi”, da cui tutti i cittadini dovrebbero prendere esempio.
Chissà, magari con questi nuovi numeri, se è vero che l’unione fa la forza, il momento delle elezioni non sarebbe un passaggio di consegna all’interno dello stesso partito che ci ha portato allo sfascio, ché se anche gli altri versanti non ci davano tante speranze e certezze, almeno sarebbe stato un segnale di consapevolezza e della volontà di cambiare rotta. Magari, senza andare lontano e pretendere l’irrealizzabile, le strade sarebbero più pulite e il traffico meno terrificante. Potremmo scendere in piazza ogni tanto contro gli sfratti alle scuole e ai centri sociali, per pretendere di più, per esigere che dall’alto facciano i nostri interessi e non i loro. Fare in modo che il voto non sia più merce di scambio, ma mezzo di minaccia e controllo da parte dei cittadini.

Qualcuno dirà che le mie sono banalità. Ma è proprio questo il punto. Voglio cose banali per la mia città: autobus puntuali, strade pulite, il corrispettivo in servizi delle tasse che pago, scuole superiori e succursali universitarie nei quartieri periferici con 70.000 abitanti per garantire la formazione scolastica e un futuro migliore ai nostri ragazzi. Voglio l’opportunità di leggere più di un giornale cittadino e che, se proprio La Sicilia di Ciancio debba esistere, sia solo una delle testate in un libero mercato. Perché la libertà non è avere due giornali, uno buono contro quello cattivo, ma averne quattro, cinque, dieci veri contro quello di parte, perché anche il monopolio dei buoni è cattivo per definizione. Voglio quello che in altri posti è normale e banale.

Per andare alla conquista della banalità io comincerei dal catanese medio, quello che si sente e crede una brava persona. Quello che a Librino non ci sarebbe andato neanche pagato, ma che ora che c’è l’ennesimo nuovo centro commerciale un salto ce lo fa. Quello anziano che si è amaramente abituato alle brutture della città, quello giovane che si arrende e sogna di andarsene a rispettare le regole da un’altra parte che contribuirà a rendere migliore.
Vorrei tirassero fuori il loro orgoglio, non affondassero la loro dignità e mettessero la loro tanto rinomata “spittizza” a servizio di quello che gli appartiene, Catania. Vorrei che si rieducassero alla bellezza e alla giustizia.
Perché non possiamo sperare che i mafiosi abbandonino i quartieri a rischio, se noi ci arrendiamo a lasciarglieli senza batter ciglio. Se non siamo noi a dare il buon esempio e un’alternativa ai bambini, non possiamo lamentarci del fatto che a Catania non c’è futuro per loro. Se non votiamo con consapevolezza e non ci ribelliamo contro chi offre sacchi della spesa e la metà di cinquanta euro con la promessa di dare l’altra metà dopo il voto, saremo sempre anche noi responsabili e complici di quel modo di fare.
Vorrei che tutti i catanesi medi si svegliassero e facessero finta di essere in Islanda. Sono sicura che in una settimana Catania cambierebbe volto, perderebbe il velo e la riscopriremmo bella e appassionata.
E col tempo non vedrei più i miei amici portare i loro sogni altrove per poi struggersi di nostalgia ad ogni partenza dopo l’ennesima vacanza. E, finalmente, la scelta di partire sarebbe libera e non obbligata.

Agata Pasqualino è nata a Catania ventinove anni fa. Laureata in Lingue e letterature straniere, è una dei soci fondatori di Addiopizzo Catania e redattrice di Step1 dal 2007.


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