Caselli autostradali, manutenzione delle gallerie, rifacimento dell’asfalto e anche interventi post-calamità. Ogni tipo di lavoro sarebbe andato bene ai dipendenti del Consorzio per le autostrade siciliane (Cas) per far partire le richieste di incentivi. Elargizioni di denaro, che secondo la Direzione investigativa antimafia, sarebbero state concesse con manica larga e, in più di un’occasione, in contrasto con la normativa che regola i lavori pubblici. Sono 57 – tra dirigenti e funzionari – gli impiegati accusati di peculato e falso ideologico. Per 12 di loro, la giudice per le indagini preliminari Tiziana Leanza ha disposto il sequestro preventivo per un valore complessivo di circa un milione di euro, mentre sei sono stati sospesi in via cautelativa per sei mesi.
Oggetto spesso di critiche per il cattivo stato delle autostrade che gestisce e con la possibilità di fondersi con l’Anas dando vita a una società per azioni, il Cas si trova adesso al centro di un’inchiesta che rischia di minarne ancora di più l’immagine. Per i magistrati, infatti, da parte degli indagati ci sarebbe stata la «sistematica violazione» della legge. L’aggettivo non è casuale se si considera che, tra il 2012 e il 2013, sarebbero stati 70 i decreti di liquidazione degli incentivi difficili da giustificare. Con 32 casi in cui mancherebbe qualsiasi documentazione a sostegno dei benefit confluiti nelle buste paga di responsabile unico del procedimento, direttore dei lavori, progettisti, collaudatori. Nei restanti, invece, i documenti risulterebbero «scarni».
Gli incentivi su cui ha posto l’attenzione la Dia – dopo aver intercettato alcune conversazioni in cui i vertici del Consorzio criticavano la gestione degli incentivi da parte dei dirigenti – sono stati di recente eliminati dal nuovo codice degli appalti, approvato l’anno scorso. All’epoca dei fatti contestati, però, la norma prevedeva che per ogni gara d’appalto per lavori di manutenzione straordinaria o opere da realizzare il due per cento sull’importo della gara andasse a quei burocrati che ne avevano seguito l’intero iter. Il compenso extra, nelle intenzioni del legislatore (gli incentivi furono introdotti per la prima volta nel 1994 con la legge Merloni), sarebbe dovuto servire a valorizzare le professionalità interne agli enti pubblici, ma all’interno del Cas si sarebbe trasformato in bonus da ottenere anche senza motivazioni e a volte anche illecitamente. È il caso, per esempio, delle volte in cui l’incentivo è stato liquidato per manutenzioni ordinarie. In alcune circostanze, inoltre, la quota tratta dall’appalto sarebbe stata superiore al due per cento.
Tra coloro che più di altri sarebbero stati al centro di queste condotte illecite c’è l’ingegnere Gaspare Sceusa, dirigente e firmatario di numerosi decreti ma spesso anche tra i beneficiari nella veste di responsabile unico del procedimento, figura questa che, in base all’allora normativa, percepiva un quarto degli incentivi. Ad attingere ai bonus, tuttavia, erano in molti; tra i quali un dipendente del Comune di Messina, trasferito per un periodo al Consorzio. Per lui, il Cas usava girare all’ente locale peloritano il benefit, che a sua volta lo faceva confluire nello stipendio mensile.
Nelle carte su cui hanno messo le mani i magistrati peloritani, però, di stranezze ce ne sarebbero diverse. Su tutte, le disparità tra i decreti di liquidazione e le somme in entrata riportate nei cedolini dei singoli impiegati: «In alcuni casi, quasi tutti afferenti alle posizioni di minor rilievo, le somme effettivamente erogate a titolo di incentivo appaiono inferiori rispetto a quelle indicate nei decreti di liquidazioni – si legge nell’ordinanza -. In altri, gli importi percepiti risultano notevolmente superiori rispetto a quelli stimati». I maggiori guadagni, secondo gli inquirenti, potrebbero essere determinati da «ulteriori incentivi riconosciuti afferenti a progetti di cui non è stato possibile rinvenire alcuna documentazione».
A contorno dell’operato dei funzionari e dirigenti un aspetto non secondario. La legge, infatti, prevedeva che a determinare i criteri per valutare l’elargizione degli incentivi sarebbe dovuto essere un regolamento interno. Regole che, però, il Consorzio per le autostrade siciliane non si sarebbe mai date, limitandosi a fare riferimento a un «decreto del dirigente generale del dipartimento regionale degli interventi infrastrutturali per l’agricoltura».
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